Esistono dei luoghi dove la
fede può formulare enunciati significativi che possono avere un senso per
tutti. La serie di questi luoghi è rappresentata dai “Segni dei Tempi”, ovvero, “indicazioni di luoghi nel
mezzo di questo tempo che liberano qualcosa che è messo sotto silenzio ma che è
rappresentativo della lotta per l’umanità dell’uomo e per condizioni di vita
degne di lui.”¹ Uno dei compiti essenziali al cristianesimo è, appunto, il
saper/dover interpretare questi Segni dei Tempi.
Proviamo a porre questo affascinante
contesto della presenza dei Segni dei Tempi dentro ad un mondo “angosciato ed inquieto” come è quello
dell’uomo moderno, come può essere anche il nostro quotidiano. Nascono delle
sfide che ci aiutano a contrapporci ai modelli di “uomo” che sono avanzati in
questi anni. Abbiamo assistito, e continuamo tutt’oggi ad assistere, ad un uomo
che gioca ad essere Dio (manipolazioni genetiche, esperimenti estremi col
nucleare) e ad un uomo che crede di vivere senza Dio (divinizzazione dell’io,
cosificazione del divino). Anche la sfida ecologica, cara ai contesti di Chiesa
latinoamericana, può far parte dei Segni dei Tempi. Alla luce di tutto questo
penso che sia interessante oggi lavorare su un nuovo discernimento di questi
Segni dei Tempi, dove i laici (questo è l’anno dedicato a loro in modo
speciale) possono e devono diventare protagonisti dentro alla Chiesa di Gesù. Un
protagonismo che non ha nulla a che vedere con atteggiamenti esibizionisti,
egocentrici ed individualisti. I laici formano la Chiesa, insieme al clero ed
ai religiosi; sono, usando un’espressione magistralmente coniata dal Vaticano
II, una parte del “Popolo di Dio”.
Questo concetto, di Popolo di Dio, non
sembra ancora sufficientemente chiaro nella testa di quelle persone che
frequentano la Chiesa non con il proposito di cambiare la loro vita, ma come un
modo di riempire bisogni creati da uno stile frenetico di convivenza con
l’altro e con l’Altro. Per questo motivo credo che niente di più profondo e
penetrante diventi la ricerca voluta e cercata dalla Chiesa per rendere
competenti i laici, ovvero fornire loro un metodo che gli permetta di
affrontare tutte le nuove situazioni che il mondo di oggi si inventa. “Sale della terra e luce del mondo”. Una
frase famosa, bem consciuta, del Vangelo; una definizione che ci appartiene, ma
che non abbiamo ancora saputo abitare interamente nella nostra esistenza
terrena. A questo ci interpella e ci invita ad essere il vescovo di Roma, al
secolo papa Francesco, con i suoi recenti scritti. Invano serviranno le notre
riflessioni su una Chiesa ancora molto clericale; le notre critiche ad una
parte del clero che confonde potere religioso con servizio sacerdotale; le nostre
lamentele verso un modo di essere Parrocchia (o Unità pastorale) che continua
ad usare modelli decisionali impostati dall’alto verso il basso; se non
prendiamo conscienza di quello che dobbiamo essere, di quello che rappresentiamo
nella Chiesa di Cristo e iniziamo ad assumere il compito che ci è stato dato
dal Concilio Vaticano II. Qui in Brasile, nella Diocesi di Ruy Barbosa piccole
scelte concrete, ancora tiepide per dire il vero, iniziano a saltar fuori. Segni.
Nella Parrocchia di Miguel Calmon per tutto quest’anno (e spero per altri
ancora) tutti i mesi la seconda domenica alla sera e la terza domenica al
mattino non ci sarà la Celebrazione Eucaristica con la presidenza del prete, ma
una Celebrazione della Parola con distribuzione dell”Eucarisita presieduta da
laici e con il parroco seduto insieme agli altri fedeli ad ascoltare e pregare.
Anche sotto l’aspetto della formazione la Parrocchia ha fatto una scelta che va
in questa direzione di coinvolgere i laici.
Sempre a Miguel Calmon, infatti,
nel secondo semestre di quest’anno, avremo un Ciclo incontri formativi sulla
Scrittura e sul Concilio Vaticano II per tutti i ministri della Parola,
dell’Eucarestia, della Visita, Catechisti e Animatori dei gruppi e Movimenti, tenuti
da laici. Ma la missione del laico non deve solo approfondirsi nell’ambito
liturgico-celebrativo o formativo-catechetico. Sale della terra e luce del
mondo significa anche essere quel fermento che lievita nascostamente nella
massa della condizione umana, dei
territori inospitali, delle società strutturate su schemi di potere e di
avassalamento. Penetrare nel contesto delle comunità, urbane o rurali, dove
vivono uomini e donne allontanati dalla Speranza per riavvicinarveli. Dicevamo
all’inizio che potrebbe essere interessante lavorare su un nuovo discernimento
dei Segni dei Tempi. La Chiesa è e sarà sempre alla ricerca di questi Segni dei
Tempi. Li vuole incontrare, capire, interpretare, seguire, realizzare. A volte penso,
anche solo per un istante, che all’inizio di quest’anno dedicato ai laici, sia
proprio la laicità un “Segno dei Tempi” da accogliere, da far fruttificare e da
mantenere viva e operante nel cammino verso l’Eternità.
Miguel Calmon, 28 di marzo 2018
Gianluca Guidetti
¹ Cit. HThK,
Vaticanum II, IV, 868, in Christoph Theobald, L’avvenire del Concilio, EDB,
2016, p193.
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