domenica 27 maggio 2012

L'Amore porta altro Amore - Condivendo 8 - La famiglia Bellorio dalla Bahia


Questo è un piccolo stralcio della nostra condivisione del mese di Aprile.  
Ci sembra che dentro queste righe ci sia un messaggio che crediamo possa diffondersi in tutti, in tutte le realtà, in missione come a casa di ognuno di noi.
"Una sola certezza che questo mese ci siamo portati a casa è di quanto l’Amore  porti altro Amore, ci sono persone che non hanno una casa, da mangiare, da lavarsi, non hanno genitori in grado di occuparsi di loro, amore di parenti, persone che non hanno istruzione,  non hanno mezzi, non hanno provato la bellezza dell’ascolto, del rispetto e della sincerità. Dare gratuitamente anche solo una di  queste cose inizia la catena dell’amore, provare ascolto vero e sincero porta a volerlo dare anche agli altri ma se non sei ricco di questo non sai come donare.
Siamo consapevoli delle nostre povertà e miserie ma anche delle grandi ricchezze e opportunità che ci sono state date; di avere genitori e una rete di parenti attorno a noi attenti alle nostre necessità e pieni di amore da darci, siamo circondati da amici veri e presenti, abbiamo studiato, viaggiato, abbiamo avuto persone che ci hanno accolto, ci hanno ascoltato e, anche se a volte non in sintonia con noi, comunque accompagnato nelle fasi più importati della nostra vita fino ad ora… CAVOLI, che meraviglia e che fortuna!!
Abbiamo così riscoperto una altra motivazione che ci ha spinto qui in missione, la voglia di donare quello che abbiamo e anche apprendere ogni giorno quello che questo popolo è, ed è tanto, per crescere con loro in questo tempo in cui saremo qui!
Chiediamo sempre al Signore di essere la nostra luce e di guidare i nostri passi.
Grazie a tutti per la vicinanza che ci fate sentire con le preghiere  e con le mail che mandate." 
Con affetto
Alex, Laura, Matteo e Benedetta 

sabato 19 maggio 2012


Incontro italiani in Ipirá, 18 di maggio 2012

Ci siamo incontrati in Ipirá per motivi logistici, perché la sera prima, pe.Marco e pe.Luis sono stati in Salvador per partecipare a una delle serate del triduo in preparazione alla commemorazione della morte di padre Luis Lidner assasinato 10 anni fá davanti alla porta di casa; é stata una opportunitá di incontrare anche pe.Lucas e pe.Paolo di Firenze, un padre comboniano del Ceará e anche Soave che era giá li dal giorno prima. C’é stato il tempo per visitare la Casa do Sol e de vedere alcuni dei giovani che stanno lavorando e accompagnando il progetto, insiema com Pina, spalla di pe.Luis fin dall’inizio della Casa do Sol. Come argomenti all’ordine del giorno c’erano il rientro di pe.Marco e come ha visto la realtá italiana e della chiesa Reggiano-Guastallese, il nuovo libro de pe.Paolo e le domande che pe.Gabriel ha inviato in vista del Convegno Missionario che si terrá in Reggio Emilia a fine maggio e che parteciparanno anche pe.Riccardo e ir.Cristina. Pe.Marco ci ha detto delle difficoltá economiche che ancora preoccupano il popolo italiano e le prospetive che no sembrano delle piú belle; pe.Paolo ci ha detto che il libro che ha scitto é frutto delle sue lezioni alla facoltá teologica di Feira de Santana sulla filosofia delle religioni, quindi una esposizione di alcune teorie de filosofi che stanno riflettendo sulla religione e quele il suo futuro; poi ci siamo impegnati a dare alcune risposte alle domande um poco coplicate di padre Gabriel. Mettiamo in seguito quello che é emerso e anche le domande per sapere orientarsi meglio.

Domande:
1)  Quale presenza di responsabilità dei cristiani nelle Comunità – Chiesa, come viene vissuto il Sacerdozio comune nella liturgia, nella comunità, nel servizio, nella testimonianza e anche nell’annuncio?
2) Quali doni e luci potete offrire al cammino della nostra Chiesa di Reggio Emilia – Guastalla perché le parrocchie siano “Chiesa missionaria” ? Come integrare l’esperienza missionaria ad gentes, nel cammino pastorale della nostra Diocesi? Quale ruolo e contributo possibile dei fidei donum rientrati?
3) Che passi di preghiera, riflessione e prassi suggerite ai Consigli Pastorali Parrocchiali affinché progettino una pastorale che aiuti ogni cristiano a sentirsi e vivere la missionarietà del proprio Battesimo?

1)    Per dire qualcosa sulla responsabilità dei cristiani nella comunità, bisogna partire da che tipo di chiesa si stá cercando di vivere qui em Ruy Barbosa, che in concreto vuole dire una chiesa di CEBs (Comunidades Ecclesiais de Base), piccole comunità che si incontrano intorno alla Parola de Dio, che agiscono nella vita sociale, che celebrano la vita nelle situazioni dove vivono, che si organizzano per la catechesi e per i sacramenti…riassumendo, che si responsabilizzano e che camminano con i propri doni e i propri limiti; quindi riconoscere come la responsabilità dei cristiani è necessaria perché le comunità possano vivere e camminare nella fede. Questo è chiaro che non sempre avviene, il ché vuol dire che ci sono molte comunità che non riescono a fare tutto questo, e quindi si ritrovano quando il prete o le suore vanno a visitare e a celebrare, ma il cammino è in questa direzione. Per quanto riguarda il sacerdozio comune, e come noi preti esercitiamo questo, ci sembra de poter dire che la nostra presenza a livello liturgico è legata alla celebrazione e alla visita delle famiglie, celebrando come comunità, dove il prete si pone a servizio, rispettando la comunità, che vuol dire, non imporre le cose, aiutare a capire sempre di più il senso dell’eucaristia, come centro della comunità, aiutare a comprendere il senso della unità e della partilha, stimolare a una coerenza di vita e di carità; il sacerdote non è quello che risolve tutti i problemi, ma è quello che, sedendosi insieme alla comunità, affronta le cose e cerca di capire come insieme si possono risolvere. Questo è uno sforzo grande, perché spesso sarebbe molto più pratico fare da solo…
Ci sembra che l’altro aspetto importante della nostra presenza è quellonell’ambito formativo, cioè dare spazio sempre di piú alla formazione dei laici e delle comunità e in questo si sta’ spendendo tempo e energie; se si vuole che le persone si assumano responsabilità, bisogna formarle, dando strumenti nelle loro mani per potere esercitare la propria lideranza nella comunità; questo deve avvenire in tutti gli abiti, non solo in ambito ecclesiale, ma anche a livello sociale, politico economico. Nell’ambito del servizio e della testimonianza, crediamo che sia fondamentale l’essere presente nelle situazioni, e in modo particolare nelle situazioni dove le persone soffrono e sono nella necessità, e qui non manca certamente il materiale.
2)            Ci sembra di potere dire che il primo contributo che possiamo dare è quello di aiutarci a decentralizzare la figura del prete, come colui che dirige e direziona tutto, per entrare sempre di piú in una logica dove è il congiunto della comunità che organizza e se responsabilizza per il bene della comunità stessa. Se si crede in una chiesa sempre più ministeriale, bisogna credere che i ministeri possano esercitare la propria funzione, nella libertà e nella sua originalità senza essere pressati o non valorizzati. Mi è piaciuta l’idea del Rettore del Seminario, don Gabriele, che nella “Libertà” dice:“ La mia impressione è che le comunità siano ancora troppo clericali e clerico-centrate, ancora poco strutturate come luoghi di effettiva corresponsabilità e comunione, con tanta difficoltà riguardo i ministeri; ancora troppi scontri, lamentele, carenze nei rapporti tra i preti e gli sposi. La parrocchia è effettivamente famiglia di famiglie? E come mai, per qualcuno, l’aumento del numero dei diaconi è sentito più come una minaccia che come una gioia? ”
Per quanto riguarda “ruolo e contributo” dei rientrati, pensiamo che bisogna fare una riflessione piú ampia, vogliamo dire, che bisognerebbe riconoscere che la missione è una ricchezza inestimabile per la nostra chiesa, e per questo, valorizzare il tipo di esperienza che i missionari fanno per arricchire la chiesa locale. Ci sembra che l’esperienza missionaria dei sacerdoti sia concepita piú come esperienza personale che non di chiesa; è un tempo che il prete passa, ma poi bisogna entrare nelle problematiche e nelle situazioni della chiesa diocesana che ti ha mandato e quello che hai vissuto sparisce,  diventa solo un ricordo, mas che non incide nella chiesa locale…peggio ainda quando si vive de saudade… Quindi per noi, è fondamentale che si possano pensare esperienze simili a quelle che si vivono in missione, sfruttando il modo specifico del come si lavorava in missione, magari pensando di fare lavorare alcuni preti missionari in aree della diocesi per aprire nuove strade o piste di azione…ci chiediamo sempre di piú se a livello di clero diocesano reggiano-guastallese si crede ancora nella missione, vedendo quanto è complicato trovare persone e preti che si disponibilizzano per andare…sembra quasi um problema trovare persone, questo puó dirci qualcosa di importante!!! Ci sembrerebbe importante anche che i missionari rientrati potessero avere spazi nell’ambito della formazione in seminario (è chiaro che non tutti possono fare questo, ma per esempio chi ha insegnato anni nel seminario di Feira potrebbe fare questo…), per aprire um poco mais orizzonti e idee…si è sempre detto di fare degli scambi nel tempo del servizio diaconale, mas per adesso sono solo idee, buone mas non realizzate. Nel prossimo anno ci sará una grande partecipazione per la JMJ, e con certezza arriveranno anche dei seminaristi e preti, che è molto buono,  mas questa è una logica che non funziona, il grande evento non aiuta, anzi, a volte atrapalha, per quello che è una realtà diferente.
 
3)    Non vorremmo sembrare banali e semplicisti, mas sarebbe buono che, al di lá del mese missionario, ci fosse mensilmente nelle comunità una attenzione alle missioni, che potrebbe essere una piccola preghiera dopo la comunione, che ricorda i missionari, i luoghi di missione, e pensare di potere dare un tempo anche ai vari gruppi che si trovano nelle parrocchie; la missione non è un assunto del gruppo missionario, che adesso non stanno funzionando, mas è l’ansia della chiesa, che non puó non essere missionaria, rischio il non essere chiesa…
Bisogna fare proposte concrete e personali alle persone e alle parrocchie, in modo particolare quelle che sono legate per vari motivi ai missionari e ai laici che stanno lavorando adesso qui; non funziona dire nella messa che sarebbe bene que qualche persona o qualche giovane, possano rendersi disponibili per fare una esperienza o per dare un poco di tempo per questo progetto; bisogna chiedere direttamente al singolo, specificando quello che ti viene proposto. L’annuncio in chiesa del tipo:“abbiamo bisogno di volontari…” è passato, o per lo meno non incide piú, crediamo che sia necessario dire:“ho bisogno di te..” per entrare in un dialogo piú specifico e personale. Questo vale per chi vuole fare una esperienza missionaria, ma vale anche per sentirsi missionari in diocesi de Reggio Emilia-Guastalla.