mercoledì 19 dicembre 2012

Feliz Natal de Utinga, familia Bellorio



Ciao a tutti,
Ed eccoci qui a raccontare il 2° Natale che passiamo in Brasile. Beh, che dire: qui ci sono piu di 30 gradi, la scuola é finita (finita, finita, come in Giugno in Italia), chi se lo puó permettere (pochi) andrá a trovare qualche parente in giro per il Brasile, altri (la maggioranza) riceveranno visite oppure resteranno tra loro a “far scivolare”  il Santo Natale; si, far scivolare, perché dovuto a queste condizioni qui il Natale non é cosi presente, cosi sentito.
Cercheremo di fare un raffronto, magari un pó critico: qui il Natale “scivola”: scivola nel caldo tórrido dell´interiore bahiano, nelle vacanze dei bambini che giocano per le strade, scivola lungo le interminabili strade che portano la gente verso case di parenti per ore e ore di cammino ... scivola, direte voi? ALLORA LA NASCITA DEL SALVATORE, QUESTO MOMENTO COSÍ IMPORTANTE DELLA NOSTRA VITA CRISTIANA, É VISSUTO COSÍ IN BRASILE ?  Beh, essendo un pó radicali, ma realisti diciamo “SI “.
E invece ci chiediamo: e in Italia o nel resto del mondo occidentale ? Non sará che magari al contrario il calore delle case, con pochi gradi fuori, porti le persone a vivere questo momento con fede e con amore ? O sará che invece anche da “quelle parti” il Natale scivola, tra le luci della cittá, le vetrine addobbate, i regali , la consuetudine di fare l´albero e il presepe ... ?
Forse come abbiamo giá detto poco sopra, siamo radicali, ma crediamo che per molte persone sia cosi, dimenticandoci che la nascita di Gesú deve ravvivare, riaccendere la nostra fede, fede in un Salvatore che si é fatto uomo ed é venuto in mezzo a noi , per salvarci.
É solo un pensiero per riflettere, niente di piú.
Allora vi auguriamo di passare un Felice Natale, assieme alle vostre familie, con i vostri amici, con le persone a cui volete bene, con serenitá, con gioia, ma sempre ricordandoci che stiamo commemorando  la nascita di Gesú, fattosi uomo, venuto in mezzo a noi, per STARE con noi, con le nostre debolezze, i nostri limiti, le nostre fragilitá ... e questo é bello, é una gioia QUE VALE A PENA ricordare ogni anno.
Un saluto speciale a tutti quelli che hanno donato qualcosa per i nostri progetti, per chi ha pregato, per chi solo ci ricorda, per chi é stato con noi fisicamente e per chi, casomai, verrá  ...
Um abraço a todos e que a vinda do Salvador seja para nos um momento de grande felicidade, amor e paz 

mercoledì 12 dicembre 2012

LETTERA DI NATALE DI GIANLUCA GUIDETTI


               


                                 
Carissimi e carissime,

Finalmente vi scrivo! Sono passati molti mesi dalla mia ultima corrispondenza. Non che di cose non ne siano successe, ma ci riempiamo sempre le giornate di tanti impegni che ci fanno credere che le cose da fare siano più importanti di tutto.
Inizio così, con questa introduzione spontanea, come il resto di questa lettera...che non sarà breve. Cercherò di non stancarvi con le mie molteplici riflessioni e affermazioni, ma ve lo devo questo spazio soprattutto dopo il silenzio e poi serve anche a me, più che per sfogarmi per confrontarmi e imparare da chi ha fatto sua la sempre valida e vera affermazione di papa Paolo VI:” Il mondo non ha bisogno di maestri, ma di testimoni”. Voi, come missionari e missionarie del Vangelo nelle vostre terre siete per noi sostegno nel cammino.
Finisco la mia introduzione scusandomi se non troverete soluzioni di continuità negli argomenti che vi proporrò. Ho scelto di non guardare al testo ma a quello che sento e che penso importante comunicarvi. Scritta in giorni diversi e con stati d’animo differenti quello che mi preme è parteciparvi le mie ansie e le mie speranze per la nostra comune Chiesa correndo il rischo di saltare di palo in frasca o di dare qualche giudizio.
La Chiesa Latinoamericana è una realtà che può non piacere a una parte di vescovi europei e non solo europei. Il vescovo Ghizzoni, per esempio, non sopporta la teologia della liberazione (secondo me non ha mai cercato di capirla) e da sempre considera una chiesa di serie B quella Brasiliana – lo ha detto a me personalmente). Io ho imparato a rispettarla con i suoi limiti e difetti e ad apprezzarne le sue caratteristiche gioiose e i suoi lineamenti semplici. La penso e la vivo come una Chiesa povera (la Conferenza Episcopale Brasiliana è la più numerosa del mondo ma non possiede neanche 1/5 delle risorse di quella Italiana) e lo dico con le parole del cadinale Aloísio Lorscheider. Lui sintetizzava così la fotografia della Chiesa conciliare: “Il  Vaticano II ci fa passare da una Chiesa Istitizione o una Chiesa società-perfetta a una Chiesa-cominità, inserita nel mondo a servizio del Regno di Dio; da una Chiesa-potere a una Chiesa povera, spoglia, pellegrina; da una Chiesa-autorità a una Chiesa serva, che serve, ministeriale; da una Chiesa piramidale a una Chiesa popolo; da una Chiesa pura e senza macchie a una Chiesa santa e peccatrice, sempre bisognosa di conversione e riforme; da una Chiesa-cristianità a una Chiesa-missione, una Chiesa tutta missinaria”.  Accanto a lui anche il cardinale Geraldo Majella Agnelo, vescovo emerito di Salvador/Bahia che dice: “Nel Vaticano II incontriamo l’indispensabile per l’attualizzazione e la rinnovazione della Chiesa. Tuttavia nessun beneficio il Concilio porterebbe alla Chiesa e all’umanità se tutto quello che è stato prodotto rimanesse intoccabile e rigorosamente rinchiuso negli archivi ecclesiastici. I documenti del Vaticano II esigono studio e pratica, comprensione e iniziativa, non solo della gerarchia ecclesiastica ma anche da tutti i cristiani. Le sue proposte valgono non solo per i dirigenti, ma per il più anonimo seguace di Gesù, perchè tutti siamo Chiesa”   Parole che nascono in questo contesto di Chiesa imbevuto e trasformato dalle Conferenze di Rio de Janeiro, Puebla, Medellin, Santo Domingo e Aparecida e permeato dalla scelta preferenziale per i poveri.
Ma non solo qui possiamo ascoltare voci profetiche. Vicino alla morte il Cardinale Maria Martini fa una sintesi sulla paura della Chiesa cattolica e la sua arretratezza di 200 anni. Mi trova pienamente d’accordo (il cardinal Ruini non sarebbe di questo parere) la riflessioe di Martini. Potete leggerla sul sito del Corriere della Sera – Addio a Martini – del 02.09.2012. È molto realista. 
Tutti siamo Chiesa. È un’affermazione che porta con se tutta la storia sofferta delle realtà, teologiche e pastorali, che hanno contraddistinto questa parte del mondo: Teologia della Liberazione (che dopo le bastonate del Vaticano si è adattata ad una Teologia dell’Ecologia e del Creato), Comunitá Eccleciali di Base (le CEBs volendolo o no sono ancora oggi l’’anima di questa Chiesa latinoamericana), terra di missione (il Vangelo è arrivato in questi luoghi non come una buona notizia, una Parola di liberazione, ma una imposizione che non ha tenuto conto delle cultura esistenti, soprattutto indigena. I sacramenti obbligatori per salvarsi, il genocidio degli indigeni locali, la assurda tratta dei negri protetta e appoggiata dalla Chiesa ufficiale).
I poveri. Nonostante che qui la povertà continui ad essere presente nelle varie sfaccettature della vita quotidiana, questa Chiesa ha bisogno di camminare per arrivare a leggere la sua storia alla luce dei poveri. In tante circostanze il povero che troviamo qui risponde più a una definizione sociologica o assomiglia a un bisognoso. Il concetto di povero che la Scrittura ci offre (anawim è la parola per tradurre questo concetto) deve fare i conti con tante povetà che assomigliano a quelle del mondo moderno: indifferentismo, relativismo etico, morale e religioso, indivudualismo e la non necessità di Dio. La globalizzazione (ma non insisto troppo contro questa parola per non creare una moda – tutto viene imputato alla globalizzazione per liberarsi di altri problemi) è presente anche in queste terre. Si fa sentire bene e mostra spesso solo la parte negativa di se stessa.       
....Le leture della liturgia di oggi, solennità dell’Immacolata Concezione mi riportano alla mente alcune scelte della Chiesa -gerarchia di questi ultimi anni. Il libro della Genesi ci offre la scena del peccato originale e della caduta di Adamo ed Eva. É risaputo oggi tra gli ambienti teologici che queste due figure non sono mai esistite e che si tratta di un racconto simbolico. Altri personagi della Scrittura Veterotestamentaria non sono reali, appena creazioni letterarie che ci servono per riflettere sulla fede. Penso a Giobbe, a Qoelet, e ce ne sono altri. Ma non è questo che volevo dire. Il peccato di Eva può apparire, agli occhi del lettore, di maggior rilevanza di quello di Adamo. Come se Eva avese la maggior colpa. In realtà Eva è stata sedotta dal satana-serpente ma verso Adamo non voleva certo fargli del male. Se erano puri e non avevano paura di essere nudi sinfica che si amavano della forma divina (prima del peccato). Per cui Eva da ad Adamo il frutto per condividere qualcosa che le sembra buono. La Chiesa lungo i tempi ha sempre colpevolizzato la donna più dell’uomo dandole l’immagine di subalterna, di inferiore. Mi pare che questa interpretazione stia tretta al testo bíblico. I due peccarono i due sono responsabili alla stessa maniera. Allora perchè, nel corso dei tempi, la donna è sempre stata oggetto di svalutazioni da parte della Chiesa. Lasciamo da parte Maria (che occupa un posto priviligiato sin dalle origini). Ma Maia Maddalena, vista com l’immaine della prostituta, della peccatrice; non è stata lei una discepola di Gesù in vita alla maniera degli apostoli? Non è stata lei a far credere alle sue generazioni l’amore infinito del Dio della vita che in Cristo le ha rivelato il perdono e la redenzione? Non furono le donne a rimanere sotto la croce quando gli apostoli (oggi papa e vescovi) se la filarono in fretta? E per ultimo perchè Gesù avrebbe scelto delle donne per apparire in tutta la Sua gloria di Risorto. La donna ha da molto tempo subito il potere gerarchico-religioso dell’uomo. Anche oggi ne paga le conseguenze. La nuova traduzione dei testi sacri cancella la parola “diaconessa sostituendola con altre. Non sono convinto del sacerdozio alle donne (qui molti lo sono), ma credo nel ministero ordinato di diaconesse che potrebbe e dovrebbe esserci nella Chiesa. Chi più della "donna che ha lavato i piedi al Maestro” e asciugati coi suoi capelli, in casa di Simone, potrebbe intendere il senso del servizio tipico del Diacono. Ancora oggi la Chiesa (ma io qui direi la gerarchia ecclesiastica) ha paura della donna. L’alto e basso medio-evo hanno contribuito ad aumentare questa paura a causa di errori e peccati commessi da preti, vescovi e anche papi. La storia ce lo dice. Da molto tempo abbiamo dimenticato la “Chiesa delle Origini”. Da un lato era una evoluzione necessaria dovuta al mudare dei tempi, e alla Parusia che si faceva più “lonana” di quanto si sperava, ma dall’altro è venuto meno, nella Chiesa, un “Sit em lebem” bem chiaro alle origini; una divisione tra lo spirituale e il temporale che permetteva di vivere nello stile di Atti 2 e Atti 4 dentro le proprie comunità cristiane. Possiamo dare una data a questa separazione anche se dipende molto dai punti di vista, che è quella del 315 quando la fede cristiana diventa religione di  stato per opera di Costantino, adottando forme di governo della Chiesa dal sapore militare che pongono in primo piano la gerachia e creano confusione nelle differenze tra clero e laici. L’epoca medievale – tutta – ce lo ha testimoniato molto bene, vescovi-guerrieri, crociate, potere spirituale che si fonde a quello temporale spesso diventndone succube. Oggi, però, vedo forte il rischio di continuare questo stato di cose che ci allontana sempre di più dalle prime comunità cristiane.
Come e cosa pensare della Chiesa Cattolica che da un lato, guidata dallo Spirito Santo, ci offre uno degli strumenti più completi e profondi per la nostra fede: il Concilio Vaticano II; e dall’altro lo rinnega con le sue selte per lo meno strane se non stravaganti come il ripristinare la Messa in latino (la ricchezza del rito Eucaisico nelle lingue locali...una benedizione arrivataci col Vaticano II). Ho saputo che il vescovo Camisasca ha usato il latino nella celebrazione della sua ordinazione. Un’offesa al Concilio!!! O il ritorno dei Lefevriani senza le dovute e necessaie condizioni. La Lumen Gentium e la Gaudium et Spes che come Cosituzioni, dogmatica e pastorale, insieme al decreto Apostolicam Actuositatem hanno finalmente ridato ai laici quello che i secoli avevano loro tolto, sembrano non essere oggeto di attenzione sia della gerarchia ecclesiatica che dei parroci. Cosa fare? Obbedire, non c’è dubbio, obbedire alla gerarchia non perchè è la gerachia, ma perchè lo ha detto il Signore quando parlava dei faisei e dei dotori della legge: “Fate quello che dicono, ma non fate quello che fanno”. Vi assicuro che non è facile fare quello che dicono. Un esempio forse banale, ma che qui si vive sulla pelle tutti i giorni. Il ricco proprietaio terriero con aree grandi come il Belgio, animali in quantità e conti bancari da far paura può andare a Messa alla domenica, sedersi nei primi banchi e fare la comunione. La donna della comunità di base, catechista da tanto tempo, lasciata dal marito che la picchiava e si ubriacava spesso, con tre figli a carico trova un altro compagno e non può più essere catechista ne comuicasrsi a Messa.... Mi fermo qui, riconosco le mie fragilità e i miei peccati: non posso scagliare ne la prima ne la decima pietra. E poi la seconda lettura (Efesini) ci invita e mantenere alta la speranza in Cristo, capo della Chiesa, della nostra Chiesa santa e peccatrice; ma sarebbe bello se la gerarchia un giorno non solo capisse ma si comportasse sapendo che l’amore corre più forte delle legge nonostante ne sia rispettoso e la lasci entrare per primo (pensate a Giovanni e Pietro che corrono al sepolcro).
Torno dalla Celebrazione Eucaristica presieduta dal vescovo André. Presieduta.....non celebrata. Ecco la grande differenza che esiste ancora. É questa differenza, credo, che non permette ai fedeli oggi di vivere in pieno il grande mistero della Messa. Chi dice la Messa, chi celebra l’Eucarisia? Cosa risponderebbero la maggior parte dei cristiani tanto li quanto qui: il prete. Sbagliato! Il sacerote presiede non celebra. Senza il prete che presiede non c’è Eucarestia, ma anche senza il popolo che celebra insieme al prete non c’è Eucaresia. Che assurdo che ancora oggi il prete possa dire la Messa da solo. Non ha nessun senso anche se teologicamene il sacerdote è popolo e ministro. Dunque se io sento dentro di me che la Celebrazione Eucaristica acquista un senso con la mia partecipazione attiva, se io celebro insieme al prete che presiede non sono più uno spettatore che assiste rispondendo ogni tanto a memoria alle parti fisse (senza darle un contenuto nella mia realtà concreta). La Eucarestia mi trasforma nella misura in cui mi lascio trasformare da Lei: è più probabile che si abbia un effetto positivo sentendosi coinvolti nei riti che assistindo passivamente. C’è un gesto molto semplice che a me piace molto. Il nostro vescovo André vuole che i fedeli che partecipano alla Eucarestia lo compiano sempre ed anche alcuni preti qui lo stanno introducendo. Alla fine della Preghiera Eucaristica nel momento in cui il sacerdote dice “Per Cristo con Cristo e in Cristo.... Tutti i fedeli sono invitati ad alzare la mano destra (come in segno di consacrazione) e rivolgerla verso l’altare pronunciado insieme al presidente le parole di chiusura. Credo che la maggior parte dei fedeli qui faccia questo gesto solo perchè glielo chiede il vescovo, ma a me da l’effetto di usare del mio sacerdozio comune celebrando insieme al presidente.
La Chiesa Brasiliana oggi. Dove siamo noi qui a Ruy Barbosa stiamo assistendo ad un aumeno delle vocazioni sacerdotali. Avremo preti locali, li stiamo già avendo. Uno sarà ordinato il 16 dicembre (quando il vescovo Massimo entrerà per servire alla Chiesa di Reggio) altri nei prossimi anni. Questo segno positivo non spinge più a un certo ricambio missionario per cui nel 2013 ritornerà definitivamente don Paolo Cugini e nel 2014 don Marco Ferrari senza una forte preoccupazione di sostituirli. Si aprono nuovi spazi missionari, o meglio, si affacciano al nostro sguardo terre di missione molto più povere di Ruy Barbosa. Penso alla Amazzonia, al Pernambuco, al Cearà, tutti stati del Brasile con situazioni peggiori delle nostre sia pastoralmente che economicamente. In questo modo, vescovo Massimo permettendo, si portà iniziare a concretizzare la missione in Brasile in altre Diocesi. Sostengo questa tesi da anni. Già l’avevo esposta quando il vescovo Adriano era venuto a visitarci. Continuo a farla rimanere viva negli incontri di noi missionari reggiani. Il pericolo che vedo per il missionario (ad Gentes) è quello di mettere le radici. Di fissare una tenda, di stabilizzarsi e pian piano perdere l’entusiasmo della fede che contagia, che rinnova, che ci fa abitare nella “speranza che non delude”. Siamo qui a Ruy Barbosa da oltre 40 anni. Non entro nel merito delle vocazioni che abbiamo aiutato a maturare perchè dovremmo incontrarci (o scontrarci) con gli stili pastorali e teologici dei nostri preti precursori e attuali. Vado oltre, ma sogno che si possa, presto, essere disposti a cambiare diocesi obbedendo al Signore che chiama.
La nostra Chiesa è bella. Un’altra affermazione che vi regalo con con alcune considerazioni. Qui in Brasile sentiamo molto forte la presenza delle Chiese Evangeliche. Ce ne sono di tutti i tipi. Da quelle serie e rispettose, in possibile dialogo con la Ciesa cattolica (almeno su certe tematiche) con le quali è possibile un impegno comune: fanno parte di questo gruppo la Chiesa Presbiteriana, Battista e Luterana. Ci sono poi quelle nate dalle scissioni delle precedenti o da ramificazioni come la Metodista, Calvinista, varie denominazioni Battiste che vanno per loro conto, ma senza aizzarsi contro il cattolicesimo. Ci sono, alla fine, le Chiese nate dai movimenti pentecostali, le più terribili. Sparano a zero contro i cattolici e non si riesce nemmeno a stabilire un contatto o sono rarissime le eccezioni: Assemblee di Dio, Chiesa del vangelo quadrangolare, Dio è Amore, Chiesa Universale del Regno di Dio (il suo vescovo Edir Macedo ha un patrimonio simile a quello di Berlusconi!!!). Ce l’hanno con la nostra Chiesa cattolica. Comunque sia non ho trovato qui pienezza e bellezza nella liturgia, servizio alla Parola di Dio, efficacia nei sacramenti al pari della Chiesa cattolica.
La nostra famiglia. Finisco questa lunga lettera con il raccontarvi un po’ di noi. I figli crescono. Gabriel, 8 anni, rimane sempre iperattivo e comincia ad avere comportamenti tipici di un amministratore. Anche se a volte non ha pazienza per il risparmio e spende tutta la sua paghetta per poi arrabbiarsi con la sorella, Giuliana, che invece, da due anni a questa parte, mette quasi tutto nel salvadanaio..lo apre sotto Natale e si compra due o tre giocattoli...facendo morire di invida Gabriel e Mikaelle. Con i suoi 6 anni, Giuliana è la più intelligente dei tre. A volte conversando con lei mi sorprende la capacità di intendere gli argomenti e ribattere ponendosi quasi allo stesso livello di un adulto, dovreste sentirla parlare quando inzia le sue riflessioni filosofiche sulla vita o sulla gravidanza o sulla condizione dei poveri nella società. Mikaelle ha definitivamente scartato la possibilità di considerarmi come padre adottivo. Non vuole punto e basta! Per cui per lei sono un adulto che vive con sua madre e alcuni dei suoi fratelli. Ne ha altri sparsi per la Bahia che il padre naturale ha solo messo al mondo. Sta entrando nella adolescenza...diventando più ribelle ma soprattutto bugiarda. Questo suo atteggiamento fa andare in oca Miraneide. I prossimi anni non saranno facili, perchè poi ci sarà da gestire le relazioni tra i fratelli che inziano ad essere conflittuali (gelosie, manipolazioni a favore o contro dipendendo dalle circostanze). Miraneide sta passando un periodo di malessere fisico.Da tempo soffre dolori allo stomaco. Ha fatto una endoscopia digestiva dove le hanno prelevato frammenti di tessuto per essere analizzati. Avremo la risposta tra alcuni giorni. Io sono stanco fisicamente. La schiena va bene fino al punto dell’operazione. In basso già è apparsa un’altra ernia paramediana e due anelli stanno per rompersi. Ho passato il mese di novembre solo lavorando al mattino. Andiamo avanti.
Finisco augurandovi una buona preparazione per il Natale prossimo a riempire le nostre storie di salvezza.
Ruy Barbosa, 12 di dicembre 2012
Gianluca
        Amico e missionario laico



sabato 1 dicembre 2012

Partilha da Familia Bellorio...


Ciao a tutti,
questa volta nella condivisione del mese di novembre, vorremmo parlare un po’ dell’esperienza che stanno vivendo i nostri figli, Matteo (4 anni) e Benedetta (2 anni il 2 di dicembre, AUGURI !!!).
Noi ogni volta che scriviamo qualcosa, che parliamo con le persone diamo sempre per scontato che per i nostri figli vada tutto bene, o meglio, pensiamo: “noi stiamo bene, ovvio che anche loro stanno come noi”.
Matteo e Benedetta a Ilheus.
Credo invece che anche per loro ci sia stato e ci sia tuttora oggi un percorso che prosegue: per Benedetta magari la cosa è più semplice, compiendo ora 2 anni; lei sta assorbendo tutte le cose che sono qui come cose nuove, perché da quando è nata ha vissuto più tempo qui che in Italia. Matteo invece aveva già “sperimentato” la vita italiana e qui ha dovuto “ricostruire” tutti i suoi punti di riferimento: la scuola (e tutto ciò che ne consegue: non era mai stato prima d’ora all’asilo e poi la “vita” con i compagni di classe …), gli amici (della “rua”, della scuola, della parrocchia ….), i cibi, i tempi brasiliani ..insomma tante cose che noi potremmo pensare “normali” ma che non lo sono avendo stravolto la sua vita a soli 3 anni e mezzo un giorno di settembre quando dormendo sul passeggino si è risvegliato davanti ad un aereo che lo avrebbe portato aldilà dell’oceano.
In questo anno Matteo ha affrontato diverse cose che sono cambiate rispetto all’Italia; come dicevamo qui sopra ha per esempio iniziato ad andare all’asilo: e non è stato un inserimento fatto in Italia, con maestre che parlano la tua lingua, compagni coi quali ti capisci: no! … “Boa tarde Mateus, eu sou Ortensia, a tua nova profesora !!!” .. capito? Eh, questo è quello che Matteo ha vissuto nel primo mese di prova che ha fatto esattamente un anno fa ... e poi? I compagni: stessa cosa: “Oi Mateus, meu nome è Pedro … eu gosto de brincar com os carrinhos …e você ?” ... capito? ... Insomma una bella sfida che tuttora Matteo crediamo affronti tutti i giorni (ovvio, con la lingua va molto meglio, ora parla meglio di noi ...); perché vediamo per esempio che si è creato dei punti di riferimento che gli permettono di affrontare il distacco (dai genitori) e l’avvicinamento (alla scuola, alla maestra, ai compagni) …
Altro capitolo: amici (di casa, per intenderci). Dai primi momenti che siamo stati qui abbiamo deciso insieme di tenere la porta di casa aperta (qui comunque è un uso che molti adottano … anche se APRIRE LE PORTE per i brasiliani non significa quello che abbiamo fatto noi): questo ha significato avere molti bambini che venissero a giocare con Matteo e Benedetta; è da una parte molto bello aprire la porta ma anche molto faticoso: qui i bimbi non hanno orari, escono dalle loro case e i genitori o chi comunque si occupa di loro li vengono a cercare dopo parecchio tempo (se li vengono a cercare !!), l’educazione che hanno molti bimbi di qua è molto carente a livello di buone maniere, come comportarsi … vedete perciò che “la porta aperta” non è una cosa da poco. E Matteo? Matteo ha cominciato a sviluppare gli atteggiamenti di questi bimbi: i bimbi di qua sono molto fisici, giocano spesso di lotta, rincorrersi (e cadere) , insomma giochi non del tutto calmi … ma Matte si è subito “inculturato” e questo ha voluto dire anche dover essere più attenti a lui; cerchiamo di spiegarci meglio: i bimbi che vengono da noi non hanno un’età omogenea e nemmeno sono tutti dell’età di Matteo. Quindi, per esempio, i bimbi (e bimbe) più grandi hanno già atteggiamenti quasi da ragazzi e in un contesto di poca educazione (scolare e anche genitoriale) molti di loro possono trasmettere ai nostri figli comportamenti  non del tutto positivi … insomma, abbiamo un bel lavoretto da fare anche in casa. Facciamo un esempio (è su Benedetta): c’è un vicino di casa (2 anni) che spesso viene sgridato dalla nonna e la nonna lo picchia …. Lui quando viene qui da noi è solito (spesso, non sempre) picchiare gli altri bimbi … capite un po’ quali sono le dinamiche che si sviluppano? In tutto ciò però Matteo è cresciuto: ricerca e richiede la sua autonomia, ha capito per i 4 anni che ha ciò che gli sta accadendo intorno qui (bimbi che non hanno le cose che ha lui, famiglie distrutte dall’alcool e dalla violenza); in tutto questo Matteo fa molte domande che crediamo lo portino un pochino a riflettere … per esempio tutte le sere (o quasi) prega per gli amici del quartiere, per le persone della comunità, per famiglie intere .
Perciò ci sentiamo di dire un grande GRAZIE ai nostri figli, anche se capiamo benissimo che a quest’età loro avrebbero fatto qualsiasi scelta fosse stata presa dai loro genitori ; ma credo dobbiamo comunque non dare per scontato che il loro inserimento sia stato (e lo sia tuttora) così semplice o così facile.
Vi salutiamo augurandovi di passare un felice Natale , chi con la propria famiglia, chi con gli amici, chi da solo (noi avremo la grazia, o meno, di passarlo col papà di Alex che verrà a trovarci per 3 settimane), ma tutti speriamo uniti da quella gioia, quella speranza che nostro Signore Gesù Cristo porta venendoci a trovare, attraverso la sua nascita … che sia una nascita (o rinascita) per tutti noi, in questi tempi così bui, pieni di violenza, di odio, di individualismo, di cattiverie gratuite … una luce arriva da quella culla, semplice, di paglia dove nasce per tutti noi il Salvatore.
Até mais
AlexLauraMatteoBenedetta