Chi di noi, almeno una volta nella vita, non si è
immaginato di stare al posto di un’altra persona. Se non altro per provare la
sensazione di qualcosa di nuovo o per dire a se stesso: “io al posto suo avrei
fatto diversamente”.
Non mi sbaglierei di molto se dicessi che, in questo
gioco dei desideri, le persone sceglieranno sempre situazioni che reputano
migliori della propria. Pensaranno di prendere il posto di persone più ricche,
più influenti nella società, più osannate dai midia, più “alla moda del
momento”.
Cosa desideriamo
ci dice chi siamo e cosa vogliamo fare della nostra vita. Il desiderio
che creiamo dentro di noi alimenta la volontà di un benessere, di una vita
migliore. Questo è positivo quando la ricerca percorre le giuste strade, quando
ci invita a guardare oltre le apparenze e noi accettiamo l’invito con tutte le
sue conseguenze.
Di che benessere abbiamo bisogno? Quali sono le
strade che ce lo fanno raggiungere? Come sapere di star vivendo una vita
migliore? Sono tutte domande che esigono risposte individuali. Non è necessario
scomodare la psicanalise, ne la psicologia per cercare delle risposte
convicenti. Credo che basti un po’ di buon senso e, soprattutto, la gioia di
sentirsi amati dal Signore Gesù Cristo.
Per cominciare potremmo cercare di ritagliarci un
piccolo momento settimanale nel quale riflettere sui nostri desideri. Posso
immaginare che i ritmi di vita di giovani e adulti li da voi non siano di
aiuto, ma il gioco vale la candela,
come dice il dettato popolare.
Una delle ultime frasi di Francesco, vescovo di
Roma, è stata: “Il denaro è lo sterco del
diavolo”. Aveva già detto nella sua prima Esortazione apostolica Evangelii
Gaudium “No a un denaro che governa
invece di servire”. Da sole queste affermazioni possono non volere dire
nulla, addirittura possono irritare qualuno visto che i soldi servono per
comprare cose che necessitiamo per vivere. Però se si inseriscono queste
affermazioni dentro la riflessione sui “miei desideri”, ecco che esse assumono
una valore enorme e mi provocano a predere delle decioni, a fare delle scelte
obbligate.
L’argomento potrebbe continuare ad essere presentato
con numerose riflessioni ed esempi. Non voglio stancare il lettor attento per
cui cercherò di scendere dalla teoria alla pratica (che è sempre più veloce da
essere capita anche se non sempre viene assimilata ai propri stili di vita) provando
a rispondere alle tre domande poste sopra. Sono considerazioni semplici, ma al
giorno d’oggi sembra che le cose più difficili da realizzare siano appunto
quelle più semplici da capire.
Di che benessere abbiamo bisogno? In una società che
si avvicina alle piene soddisfazioni individuali (mi vengono in mente le
funzioni di benessere sociale di Harsany e la teoria dei giochi di Nasch e
Roels) in campo edonistico dove quasi tutto è a nostra disposizione, viene a
mancare con sempre più frequenza il benessere interiore. Se io vi dicessi che “La felicità non si
compra” probabilmente mi mandereste a quel paese pensando ad un concetto
banale, sorpassato, infantile. Ma io posso dirvi che a quel paese ci sono già
venuto. Qui in Brasile, nelle terre aride del semiarido della Bahia, ho
ritrovato la semplicità nelle persone che incontro tutti i giorni e, molte
(anche se non tutte) mi trasmettono una felicità che non dipende dalle cose che
posseggono ne dalle informazioni che ricevono ne dalle riflessioni che
elaborano con i loro cervelli. Il cuore di molta gente che abita da queste
parti è, per dirla con le parole del salmista “un cuore semplice che teme il
Tuo nome”.
Quali sono le strade che ce lo fanno raggiungere? Dall’individuare
e decidere a quale benessere aspiriamo derivano le strade che dobbiamo
percorrere per ottenerlo. Scrivo all’inizio della Quaresima. Un tempo forte,
carico di significati e tra tutti quello della conversione. La parola, che ci
viene dal grego metánoia, non
significa altro che cambiare vita. Insieme a questa troviamo altre parole che, a
dire il vero, ci fanno sempre un po’ paura, non ci mettono a nostro agio
(almeno all’inizio) come: rinuncia, elemosina, digiuno, spogliazione. Per non
parlare poi di quelle che addirittura ci scandalizzano o ci fanno sentire
ridicoli come umiliazione, annientamento, sofferenza, obbedienza, croce. A
questo punto cosa faccio? Lo dico o non lo dico? Ve lo lascio immaginare? Ma
sicuramente lo avrete già intuito.... Sono queste le parole da fare nostre, da
vivere quotidianamente nella nostra giornata e non solo durante la Quaresima.
Le parole che ci permettono di creare strade che raggiungano il vero benessere
interiore.
Come sapere di star vivendo una vita migliore?
Consolatevi siamo quali alla fine. “Dai
loro frutti li riconoscerete” e ”E mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta
la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra”. Le parole
dette da Gesù ci danno gli indicatori di risultato. Quello che ci farà sentire
meglio, quello che renderà più entusiasmante la nostra giornata, quello che
avremo la voglia di coltivare nell’orto dei nostri desideri non sarà altro che
una sempre maggiore somiglianza con Gesú Cristo. Dai comportamenti, dagli
atteggiamenti, dai pensieri, dalle parole saremo riconosciuti come Suoi
testimoni e porteremo il frutto dell’amore infinito che la misericordia di Dio
sempre fará scendere dentro di noi.
Miguel Calmon, 02 di marzo 2015
Gianluca
Guidetti
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