lunedì 3 febbraio 2025

DON GIBELLINI: DALLA BAHIA IN VISITA ALL'AMAZZONIA

 



Santo Antonio do Iça, 3 de fevereiro 2025

Luigi Gibellini

Ciao a tutti,

vi scrivo dall’Amazzonia, dove sono venuto per visitare la missione Reggiano-Guastallese, composta adesso da don Gabriele Carlotti e don Paolo Bizzocchi arrivato a novembre 2024; sono arrivato il 18 gennaio e mi fermerò qui con loro fino al 18 febbraio; poi prenderò la barca per arrivare a Tabatinga e di là in aereo per raggiungere Manaus dove mi fermerò alcuni giorni con don Paolo Cugini, prete Reggiano-Guastallese che insegna alla Facoltà Teologia Cattolica ed è parroco di una parrocchia situata in un bairro molto povero e violento a causa del traffico della droga che si chiama “Compensa”. Rientrerò in Bahia il 23 di febbraio.

Il motivo per cui abbiamo pensato questa visita, insieme con don Gabriele, le sorelle e i volontari italiani in Bahia, al CMD e alla Congregazione Mariana delle Case della Carità,  è stato il dare un appoggio per l’inserimento di don Paolo, perché lui possa avere il tempo necessario per studiare il portoghese, capire come inserirsi in questa nuova realtà e non rischiare di buttarsi subito nel servizio pastorale. Sono arrivato il 18 gennaio dopo un viaggio di lanche (una barca veloce) di 29 ore, partendo da Manaus dove mi ero fermato un giorno ospitato da don Paolo Cugini che vive là da 2 anni, (ed insegna alla Facoltà Teologica Cattolica, vedi sopra) .

La realtà di Santo Antonio do Iça è decisamente differente dalla realtà baiana dove vivo, e dove, a differenza di qua, l’acqua è decisamente un bene prezioso e raro, mentre in Amazzonia non manca, anzi è super abbondante, sia quella che si incontra nel fiume (rio Solimões e rio Iça) che quella che cade abbondantemente quasi tutti i giorni dal cielo. La foresta, il verde, l’esuberanza della natura, la bellezza del fiume,  impressiona e ti mette decisamente in difficoltà nel vedere come sei piccolo a confronto con la grandezza che ti circonda; i volti e le diverse tribù, con la loro lingua e con le diverse tradizioni ti richiamano a un mondo che sembra scomparso, ma che qua è ben visibile e toccabile. Sono stato con don Gabriele in visita ad alcune comunità riberinhe (che vivono sulle rive del fiume Iça) e impressiona il vedere come le case sono costruite sulle palafitte per difendersi dalle acque del fiume, che quando cresce arriva alle porte delle case, e vedere come la gente  vive di quello che riesce a coltivare e pescare e quello che la foresta offre gratuitamente; è uno stile di vita che ti riporta un poco indietro nel tempo e ti affascina, e nello stesso tempo ti provoca. 



Poi, non è tutta poesia, ma la realtà è anche composta da tante povertà: umane, sociali, economiche, strutturali ed ecclesiali. All’interno del continente Brasile, anche l’Amazzonia riflette in tutte le sue sfaccettature, le ricchezze e le povertà, le cose positive e quelle negative, i sogni e le delusioni…i problemi della corruzione, della politica come luogo di potere, lo sfruttamento esagerato senza nessun controllo delle risorse e il cambiamento di chiesa, affettano anche la realtà Amazzonica. 

Di fronte a tutto questo, parlando con Gabriele e Paolo, mi chiedo e gli ho chiesto, che tipo di presenza dobbiamo essere adesso dentro questo contesto sociale e dentro questa chiesa?  E’ una domanda da 10.000 punti, ma che è necessaria per non perdere di vista l’orizzonte di una missione che deve aiutarci a rinnovarci e lanciare le “reti in acque profonde…” come ha ricordato don Paolo Bizzocchi nella sua ultima lettera, dopo la settimana di ritiro spirituale com i preti della Diocesi di Alto Solimões. 



Mi sembra di potere dire che una delle risposte possibili sia quella di “una presenza, di una prossimità, di esserci, tentando di camminare con una chiesa che sta cambiando ma che nello stesso tempo, forse, e questo non è una pretesa, ripeto forse, ha bisogno di sentire e vedere anche altri modi di essere chiesa, come dice papa Francesco, “essere chiesa povera per i poveri”, incontrando tante repulsioni e tanti contrasti: ci sono ancora, grazie a Dio,  profeti e profetesse nelle Americhe, profeti come padre Julio Lancelotti che è voce di tanti poveri, marginalizzati, che difende coloro che sono discriminati e ritenuti pericolosi, come il “popolo di strada o gli abitanti di Cracolandia (quartiere di San Paolo dove c’è il maggior traffico di Crak)”, dei prigionieri e dei torturati, ancora oggi, nelle carceri brasiliane, e che annuncia un vangelo che è scomodo e che non si conforma con l’andazzo di oggi;  e profetesse come la Pastora americana Mariann Edgar Budde,  vescova episcopale della capitale Usa. Nel suo discorso, la vescova ha rimproverato il nuovo leader per i decreti da lui firmati contro le persone LGBTQ+ e i migranti. "Le chiedo pietà, signor Presidente. Ci sono bambini gay, lesbiche e transgender nelle famiglie democratiche, repubblicane e indipendenti". In America ''si avverte in tutto il Paese'' un senso di paura e ha difeso i lavoratori stranieri che "potrebbero non essere cittadini o non avere documentazione adeguata (...) ma che la stragrande maggioranza dei migranti non sono criminali".  La difesa dell’uomo e della donna, qualsiasi esso sia, deve essere sempre una priorità della chiesa e di ogni governo. Come tutti i profeti/tesse, non hanno vita facile, sono voci scomode e spesso sono attaccati dai potenti e infelicemente anche dalla stessa chiesa. 



Continuiamo a credere che la chiesa o è missionaria o non è chiesa, o che continua ad essere profetica o diventa una voce qualunque e banale, e che quello che identifica profondamente l’essere umano e l’essere cristiano è l’amore. Finisco con una frase dell’enciclica di papa Francesco “Delixit nos” al numero 21:“  Il nucleo di ogni essere umano, il suo centro più intimo, non è il nucleo dell’anima ma dell’intera persona nella sua identità unica, che è di anima e corpo. Tutto è unificato nel cuore, che può essere la sede dell’amore con tutte le sue componenti spirituali, psichiche e anche fisiche. In definitiva, se in esso regna l’amore, la persona raggiunge la propria identità in modo pieno e luminoso, perché ogni essere umano è stato creato anzitutto per l’amore, è fatto nelle sue fibre più profonde per amare ed essere amato”.

Um abraço a todos e espero que este Ano Santo da Esperança possa encher os nossos corações de gratidão e que cada um de nós possa se tornar anunciador de esperança nos lugares onde a esperança acabou ou está acabando.  Atè breve, pe.Luis irmão da Caridade e vosso irmão.



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