giovedì 25 dicembre 2025

Santo Natale 2025 dalla Bahia



 


 

Luigi Gibellini

 

Ciao a tutti,

con questa lettera voglio prima di tutto augurare un Santo Natale ad ognuno di voi, e che questo bambino, che nasce possa portare luce e esperança in tutti i nostri cuori;                                 

stiamo vivendo dei momenti particolari nel mondo e anche qui in Brasile, tempo di guerre che continuano inarrestabili sulle spalle e sulla vita di tante persone inermi e povere (Gaza, Ucraina, Africa), tempo di ingiustizie sociali che infettano una buona parte di gente senza avere risposte o soluzioni degne, tempo di violenze nascoste dietro al desiderio di colpire le fazioni criminose, senza però avere il rispetto della vita di chi non appartiene a queste logiche e cosche (quello che è successo in Rio de Janeiro in novembre fa parte di queste logiche che non incontrano soluzioni, ma che manifestano un desiderio di risolvere le cose con la forza e con le armi); tempo di indifferenza Ecologica, si continua a sfruttare il nostro pianeta con una certa indifferenza, senza riconoscere che “tutto sta legato”, che i cambiamenti climatici sono frutto di una mancanza di rispetto della natura e del pianeta, nostra Casa Comune (COP30); tempo di una chiesa a due facce, una chiaramente schierata dalla parte dei poveri e della scelta preferenziale per i meno accolti, e una che sembra essere immune da qualsiasi appello da parte di chi è più emarginato e escluso. Fortunatamente ci viene incontro papa Leone che ci aiuta nella sua Esortazione Apostolica “Delexi-te” a riconoscere la scelta di un Dio che si schiera e si fa povero tra i poveri:“ Proprio per condividere i limiti e le fragilità della nostra natura umana, Egli stesso si è fatto povero, è nato nella carne come noi e lo abbiamo conosciuto nella piccolezza di un bambino deposto in una mangiatoia e nell’estrema umiliazione della croce, laddove ha condiviso la nostra radicale povertà, che è la morte. Si comprende bene, allora, perché si può anche teologicamente parlare di un’opzione preferenziale da parte di Dio per i poveri, un’espressione nata nel contesto del continente latino-americano e in particolare nell’Assemblea di Puebla, ma che è stata ben integrata nel successivo magistero della Chiesa. Questa “preferenza” non indica mai un esclusivismo o una discriminazione verso altri gruppi, che in Dio sarebbero impossibili; essa intende sottolineare l’agire di Dio che si muove a compassione verso la povertà e la debolezza dell’umanità intera e che, volendo inaugurare un Regno di giustizia, di fraternità e di solidarietà, ha particolarmente a cuore coloro che sono discriminati e oppressi, chiedendo anche a noi, alla sua Chiesa, una decisa e radicale scelta di campo a favore dei più deboli.” (16)



       Questa scelta di Dio per i poveri, ci aiuta a guardare alto, ad avere uno sguardo sulla realtà che ci permette di vivere secondo l’agire di Dio, e che, come dice papa Leone, chiede anche a noi e alla chiesa di fare una ‘decisa e radicale scelta di campo a favore dei più deboli’.  Scelta che include un cambiamento di vita e di mentalità, di apertura e non di chiusura, di attenzione e non di indifferenza; scelta che ci permette di avere il coraggio di uscire, di andare nelle Nazareth di oggi, nelle periferie che continuano a gridare e piangere, luoghi dove molte volte l’annuncio della Buona Notizia fa fatica ad arrivare. La scelta dei poveri e di farsi poveri, diventa una scelta di esclusione e di rifiuto; sempre papa Leone ci dice: “In effetti, il Vangelo mostra che questa povertà toccava ogni aspetto della sua vita. Fin dal suo ingresso nel mondo, Gesù ha fatto esperienza delle difficoltà relative al rifiuto. L’evangelista Luca, narrando l’arrivo a Betlemme di Giuseppe e Maria, ormai prossima al parto, osserva con rammarico: «Per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,7). Gesù nacque in umili condizioni; appena nato fu adagiato in una mangiatoia; e ben presto, per salvarlo dalla morte, i suoi genitori fuggirono in Egitto (cfr Mt 2,13-15)”. (19) Gesù e la sua famiglia fanno l’esperienza dell’essere profughi, di dovere fuggire dalla sua terra per causa della persecuzione e per non avere la possibilità di una vita sicura, affrontano il dovere girovagare per luoghi sconosciuti, come tante famiglie e persone che sono costrette a scappare dai loro luoghi di origine. E nel loro fuggire, l’incertezza dell’arrivare. C’è ancora oggi, chi nasce, non in una mangiatoia, ma su una barca che tenta di attraversare il Mar Nostrum, o come viene definito adesso, ‘il cimitero di tanti sconosciuti’, da parte delle Autorità Civili, ma non da parte di Dio, il Dio della vita che continua a ascoltare il grido di tanti poveri, e che vuole dare ad ognuno la dignità di sentirsi sempre figli amati e accolti. “Dio si mostra sollecito verso le necessità dei poveri: «Gridarono al Signore ed egli fece sorgere per loro un salvatore» ( Gdc 3,15). Perciò, ascoltando il grido del povero, siamo chiamati a immedesimarci col cuore di Dio, che è premuroso verso le necessità dei suoi figli e specialmente dei più bisognosi. (7)



       Voglio terminare raccontandovi di un incontro con un gruppo di famiglie (20 circa) che sono accampate su un terreno, e che stanno lottando per avere la possibilità di poterlo avere, e di potere coltivare e sostenere la proprie famiglie; sono 4 anni che sono accampati, in case precarie, in condizioni decisamente povere (non hanno acqua, mancano i servizi igienici, casa di terra o di paglia…), ma hanno una bellissima ‘cattedrale naturale’, dove si incontrano e dove in questi giorni di Natale andrò a celebrare. Questa cattedrale sono due piante di Cajà, un albero da frutto, che formano una bellissima volta di rami e foglie, una volta naturale che nemmeno il Bernini riuscirebbe a copiare. Vi mostrerò questo nelle foto che poi vi invio. Bene, sono stato a visitarle due volte, e mi hanno aperto il cuore, mi hanno aiutato a prepararmi al Natale in una forma ben concreta, e a mostrarmi come ancora oggi questo Dio che si fa bambino, continua ad incarnarsi nelle situazioni della vita di persone ben visibili. Spero che il processo della Riforma Agraria possa concludersi in maniera positiva e che loro possano avere la terra e acquisire una vita più degna e sicura. Non lasciamoci “rubare la speranza”, al termine di questo Anno Giubilare, e continuiamo a infondere nei nostri cuori e nei cuori di tutti quelli che incontriamo sul nostro cammino, sementi di speranza che possano germogliare e dare frutti di vita nuova. Concludo con una frase di dom Helder Camara, che diceva: “Entre teu proximo e teu Deus, se não descobre o Cristo, não percas tempo em ir à Igreja rezar: Deus estarà distante ou se farà invisìvel a teu egoismo”.



            Feliz Natal e prospero Ano Novo a todos e a todas; que a fragilidade de Deus menino, se torne a nossa fragilidade e no mesmo tempo a nossa força. Um abraço fraterno, pe. Luis, irmão da Caridade e vosso irmão.

mercoledì 12 novembre 2025

LA COP E LA SICCITÁ DEL SERTÃO BAHIANO




Macajuba, 11 de novembro 2025

San Martino di Tours

 

            Ciao a tutti,

ieri è cominciato in Belem do Parà (Brasile), il COP30, su i cambiamenti climatici, e fu coniato una nuova parola per descrivere quello che sta succedendo con il nostro pianeta, la nostra casa comune,  che è ECOCIDIO, cioè il volere non ammettere e continuare a distruggere la creazione, ciò che Dio ci ha donato, come sta succedendo in Gaza, dove si parla di GENOCIDIO, cioè volere eliminare completamente il popolo palestinese. Sono due forme che esprimono il disprezzo per natura, l’Ecologia, e le persone umane.

La Conferenza delle Parti (COP) è l'organo decisionale della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC). La sua funzione è attuare gli impegni globali per combattere i cambiamenti climatici assunti dai paesi firmatari e ratificanti della Convenzione. Attualmente, 198 nazioni partecipano all'UNFCCC, rendendola uno dei più grandi organismi multilaterali delle Nazioni Unite (ONU).

La COP rappresenta il vertice globale sul clima, che si tiene ogni anno in un paese diverso. Funge anche da Riunione delle Parti del Protocollo di Kyoto (KP) e dell'Accordo di Parigi, il cui obiettivo principale è mitigare il riscaldamento globale e mantenere l'aumento della temperatura globale al di sotto dei 2 °C, con l'obiettivo di limitarlo a 1,5 °C. E’ necessario dire che gli Stati Uniti non hanno firmato, come anche il Canada e il Giappone.

Questa introduzione mi serve per potere descrivere adesso quello che sta accadendo nel nostro Sertão Baiano, dove sono mesi che non sta cadendo una goccia di acqua e dove la secca sta provocando morte di bestiame e non possibilità di cominciare a coltivare e seminare. Andando nelle comunità rurali, si capisce quanto la siccità provoca morte, la campagna è desolante, gli agricoltori stanno dando palma e mandacarù (la palma è una specie di fico d’india, ricco di acqua, e il mandacarù è il cactus tipico del Sertão) al bestiame che oltre non avere cibo non ha nemmeno acqua da bere.



Le strade sono impolverate, e percorrendole con la macchina non si riesce a evitare che la polvere possa entrare da tutte le parti, anche con i finestrini chiusi; sta aumentando il caldo e la situazione per la gente della campagna si fa difficile; passando si cominciano a sentire gli odori pesanti delle carcasse degli animali morti a causa della sete e della fame. Chi sta approfittando di tutto questo sono gli Urubù, specie di avvoltoi che si cibano di queste carcasse, e sono chiamati dalla gente “spazzini del cielo”.

Parlando con la gente del campo, soprattutto i più anziani, ricordano che nel passato si cominciava a “capinare” (cioè pulire il terreno con la enchada, la zappa) nel mese di ottobre perché le piogge cominciavano a cadere a partire dalla Festa di Tutti i Santi, e continuavano regolarmente; seminavano nella terra secca, nella polvere perché era certo che la pioggia arrivava; adesso si continua a capinare, si preparano i terreni, si puliscono i bacini di raccolta dell’acqua piovana, ma non si semina, non si pianta se non quando la pioggia cade, e cade per alcuni giorni, per avere la possibilità di potere poi raccogliere di quello che si è seminato. Questo è certamente un segnale di cambiamenti climatici, di come anche gli uomini non si fidano più nella Cultura del campo, delle tradizioni trasmesse dai vecchi, ma aspettano e che la natura si manifesti concretamente. Questo accadeva anche per la Festa di San Giuseppe, dove si seminava il miglio (qui è il granturco) di San Giovanni, che si mangia nelle feste Junine.



Anche le cisterne di raccolta di acqua piovana che sono state costruite nelle campagne sono secche, così come le cisterne di produzione sono ormai prive di acqua; mas proprio mentre sto scrivendo sento il ticchettio dell’acqua che batte sopra il tetto e la pioggia sta cadendo, non è una “trovoada” (pioggia forte), mas è un segnale di speranza.

Ci stiamo preparando anche all’Assemblea Diocesana di fine anno, che sarà di un giorno, e questo dice tante cose, ma non lamentiamoci sempre, proviamo a vivere questo momento come un momento sinodale, di riflessione non solo di ciò que è successo in questo anno pastorale, ma come cercheremo di proiettarci nel prossimo anno, con la speranza di potere realizzare in alcune Foranie, le Sante Missioni Popolari, visitando tutte le Comunità di ogni singola parrocchia, riconoscendo e accogliendo la piccolezza come un segnale evangelico, un segno che contrasta la mentalità di un mondo dove contano i numeri, il potere e l’essere in alto.

Stiamo finendo l’Anno Liturgico, e nelle varie comunità si stanno celebrando vari sacramenti, in modo particolare le Cresime di giovani e adulti e le prime comunioni de bimbi e adolescenti; sono momenti belli e gratificanti, anche se, come in Italia, per alcuni è un momento, ma non un impegno serio nella vita della Comunità e della chiesa.

Non ultimo come importanza ma come fine della scaletta delle cose che stanno accadendo e sono successe, è stata la visita della famiglia Marini, con Cristiano, Alda e Pietro il figlio più piccolo, che hanno passato con noi una quindicina di giorni, molto belli e sono stati anche giorni di condivisione e riflessioni, incontrando le varie situazioni che hanno visitato e visto; si sono trovati in casa, hanno detto la sera che ci siamo salutati, e ci hanno ringraziato per l’accoglienza. Hanno purtroppo avuto la sfortuna di non godersi gli ultimi giorni al mare, in Salvador, perché sono stati 3 giorni di pioggia intensa…non avevo mai visto una cosa del genere…

Bene, vi saluto e ci sentiamo al più presto…um abraço e atè breve, pe. Luis, irmão da Caridade e vosso irmão

domenica 9 novembre 2025

Viaggio in Brasile de don Sergio Gamberoni nuovo responsabile del CUM

 




 

Carissimi, condivido un riassunto del mio prossimo viaggio in Brasile.

 

Come vi accennavo sono della diocesi di Bergamo. 12 anni in Bolivia, a Cochabamba. Poi sei anni a Bergamo nella pastorale dei Migranti e Interculturale. ora, dal 1 giugno, direttore del CUM.

La ragione è il mio prossimo viaggio. Primo in Brasile come responsabile del CUM di Verona. In vista anche di collaborare in futuro alla formazione, lì e qui.

Ho il desiderio di visitarvi, seppur rapidamente, per avere una prima relazione personale con voi e un'idea dei luoghi in cui vivete la vostra missione.

Ringrazio fin d'ora dell'invito che mi avete fatto e spero di non essere di peso con la mia presenza e i miei spostamenti.

 

Arriverò a San Paolo il 2 dicembre alle 20.05 con volo LA 8073

 

Arriverò a Boa Vista il 3 dicembre alle 23.15 con volo LA 3710,

Ospite da don Lorenzo Dall’Olmo in occasione dei saluti a don Attilio, e visitare alcuni missionari.

 

Andrei a PACARAIMA

Ospite da don Mattia Bezze dal 6 al 9 dicembre

(suggerimenti per gli spostamenti?)

 

Andrei a CARACARAI

Ospite da don Mattia Bozzolan dal 10 al 12 (sera)

(tra Boa Vista e Caracarai in bus?)

 

Arriverò a MANAUS sabato 13 mattino (in bus). dal 13 al 15

ospite da don Paolo Cugini

il 12 mattino (arrivo in bus da Caracarai?)

Riparto da Manaus il 16 alle 03.35 con volo LA 3747 per Brasilia.

 

Arriverò a SALVADOR de BAHIA il 16 dicembre alle 10.25 con volo LA 3776

Mi accoglierà Luigi Gibellini con cui andremo direttamente a RUI BARBOSA (16-18 dic)

 

il 18 dicembre nel pomeriggio torneremo insieme a Salvador de Bahia

ospite presso Emma Maribel Chiolini nel progetto “Levantate e Anda

Poi resterei a Salvador fino al 21 dicembre

(da definire ancora chi riuscirò ad incontrare e dove sarò ospite)

 

Partirò il 21 dicembre ore 11.55 per l’Italia con volo LA 4569

(Scalo a  San Paolo da cui riparto alle 18.00 con volo LA 8072 per Milano)

 

 

GRAZIE per la vostra disponibilità e per la vostra missione!

 

giovedì 30 ottobre 2025

RIFLESSIONI SUI FATTI DI RIO DE JANEIRO - OTTOBRE 2025

 



.                              Ruy Barbosa, 30 de Ottobre 25

 

            Ciao a tutti,

è da molto tempo che non scrivo e mando notizie, ma è perché sono stato in Italia che non è molto, ma oggi voglio mettere mano alla tastiera del computer e provare a descrivere quello che è successo  ieri in Rio de Janeiro in due favelas molto conosciute, quella di Alemão e quella di Penha. E’ stata definita come una “Mega Operazione, 121 morti nelle favelas di Alemão e della Penha contro il Comando Rosso”. Chi è il Comando Rosso?   E’ una delle due maggiori organizzazioni criminose nate in Brasile negli anni settanta. Ma voglio raccontarvi quello che un fotografo, che ha vissuto e vive in favela, ha visto e documentato.

            Il suo nome è Bruno Itan, nato a Recife, Pernambuco, da bambino si è trasferito con la famiglia a Complexo do Alemão, una favela di Rio de Janeiro. Ha iniziato a fotografare nel 2008 partecipando a un corso  offerto dal Governo Federale nella comunità. È il fondatore del progetto Olhar Complexo, (guardare complesso) che offre corsi di fotografia gratuiti a bambini e ragazzi delle favelas di Rio de Janeiro e di tutto il Brasile. Nel suo primo libro, "Olhar Complexo", Bruno si concentra sul ritratto della realtà e della vita quotidiana delle favelas brasiliane, evidenziando attraverso le sue immagini la felicità, il potenziale e la semplicità di questi territori e dei loro abitanti.                                      

Dopo la dichiarazione del governatore di Rio de Janeiro, Cláudio Castro (PL) che ha definito l'operazione un "successo" e un "duro colpo alla criminalità", sono intervenuti i movimenti per i diritti umani che hanno affermano che si è trattato di un massacro e ne mettono in dubbio l'efficacia come politica di sicurezza, un punto su cui il fotografo concorda.   

 

"Qui in Brasile non esiste la pena di morte. Qualsiasi tipo di criminale, indipendentemente da ciò che ha fatto, deve essere arrestato, portato davanti alla giustizia e la sua condanna deve essere determinata. Ma ieri qui, nel Complexo do Alemão e nel Complexo da Penha, è stata eseguita la pena di morte", racconta Bruno Itan. "La polizia stessa ha stabilito questa pena di morte. Hanno deciso chi sarebbe morto e chi sarebbe sopravvissuto. Non appena venne a conoscenza del numero di 2.500 agenti di polizia coinvolti nell'opera-zione, Itan decise di lasciare la sua casa nella favela di Rocinha, nella Zona Sud di Rio, dove vive oggi, e di recarsi sul posto. Al suo arrivo, verso le 10 del mattino, trovò auto bruciate, segni di proiettili e residenti in preda al panico.  "Ho visto la sparatoria, ho visto le auto bruciate, ho iniziato a registrare. Anche i residenti hanno segnalato molta brutalità da parte della polizia.  "All'ospedale Getúlio Vargas, riferisce che i cadaveri arrivavano senza sosta. Fino a quel momento, il bilancio ufficiale delle vittime era di 64. "Sono arrivati ​​molti cadaveri, compresi quelli di agenti di polizia", ​​racconta il fotografo.                 

 


Secondo Itan, alla stampa è stato impedito di avanzare verso Penha. "La polizia ha sparato in aria e non ci ha lasciato passare. Hanno fatto una fila e hanno detto: 'La stampa non passa da qui'". Essendo cresciuto nella favela, ha potuto accedere al luogo. "Sono arrivato nella comunità, dove sono rimasto fino all'alba a registrare". Fu durante la notte che i residenti iniziarono a cercare i dispersi, un numero che non corrispondeva al numero di morti registrati fino a quel momento.  Al mattino presto, le famiglie stesse iniziarono le ricerche nella Serra da Misericórdia, che divide le favelas di Penha e Alemão.                          

 

"I residenti hanno portato almeno 55 corpi in Praça São Lucas, sulla Estrada José Rucas, una delle strade principali della regione." "Le famiglie sono andate da sole a recuperare i corpi. Sono riuscite ad arrivare lì con motociclette, auto, hanno preso dei teli per coprire i corpi e portarli qui, nella piazza del Complesso Penha", racconta Itan.  "Inizialmente sono arrivati ​​circa 20 corpi. E poi, cavolo, non si è più fermato. Erano 25, 30, 35, 40, 45... Sono vite, indipendentemente da ciò che hanno fatto."   

 

La Polizia Civile di Rio de Janeiro aprirà un'indagine per verificare la rimozione dei corpi dei morti dal bosco da parte dei residenti, per determinare se ci sia stata una presunta "frode procedurale", secondo il delegato Felipe Curi, Segretario della Polizia Civile di Rio de Janeiro. Curi ha affermato che i corpi esposti in luoghi pubblici sono stati manipolati. "Abbiamo immagini di tutti loro [i cadaveri] vestiti con tute mimetiche, con giubbotti antiproiettile, mentre portavano con sé queste armi da guerra. Poi alcuni di loro sono apparsi con indosso solo biancheria intima o pantaloncini, a piedi nudi, senza niente addosso. In altre parole, è un miracolo che si è verificato", ha detto. "Sembra che siano entrati in un portale e si siano cambiati d'abito. Abbiamo immagini di persone che hanno rimosso i corpi dai boschi e li hanno messi in strada, spogliando i criminali", ha detto il capo della polizia.                                                                                                 

 


Il fotografo richiama anche l'attenzione sul numero di corpi accoltellati a morte, uccisi a colpi di macete.  "Non è normale. È probabilmente la più grande operazione nella storia di questo paese", dice Itan, ricordando il massacro di Carandiru, quando 111 detenuti furono uccisi per sedare una ribellione nel centro di detenzione di San Paolo nel 1992.                                                                                  

"[I corpi] erano senza testa, corpi completamente sfigurati [...] senza volto, senza metà volto, senza braccia, corpi senza gambe", dice. "E ciò che ha attirato la mia attenzione è il numero di corpi con ferite da arma da taglio; ci sono molte foto in cui si vede che si trattava di un'arma, l'effetto di un'arma da taglio, capisci?" Nella sua memoria, dice, "l'odore di morte" è rimasto radicato. "Dove sono ora, non ci sono più corpi, ma l'odore rimane persino nella psiche", dice.  "Sono stato profondamente colpito dalla brutalità. Il dolore delle famiglie, le madri che svenivano, le mogli incinte che piangevano, i padri indignati... Avrei potuto essere uno di loro. Se non avessi saputo di fotografia, all'improvviso potrei essere uno di loro." Per lui, la politica di sicurezza nelle favelas continua a basarsi sulla violenza. "Purtroppo, avviene sempre attraverso il mirino di un fucile. Non avviene mai attraverso l'azione sociale, l'istruzione, l'alloggio, la salute o la cultura, che è ciò di cui la favela ha bisogno per salvare queste persone."

 

Bruno Itan, che ha documentato altre operazioni, come quella di Jacarezinho, che ha causato 28 morti nel maggio 2021 ed è stata considerata la più mortale nella storia della città fino ad allora, afferma che nulla è paragonabile a ciò a cui ha assistito il 28 ottobre.

"Pensavo di aver fatto lì la peggiore operazione della mia vita. Nulla è paragonabile a ciò che ho visto qui oggi", afferma. Mercoledì scorso (29 ottobre), la Procura Federale (MPF) ha chiesto all'Istituto Forense di Rio de Janeiro (IML) di accedere entro 48 ore a tutti i dati dell'esame forense dei corpi delle vittime della mega operazione di polizia condotta a Rio de Janeiro. Il documento chiede inoltre al governo dello Stato di Rio de Janeiro di dimostrare di aver seguito le decisioni della Corte Suprema Federale (STF) nel caso ADPF 635, un'azione che ha messo in dubbio la letalità della polizia di Rio de Janeiro.

 L'ADPF (Argomentazione di Inosservanza del Precetto Fondamentale) ha costretto il governo di Rio a presentare un piano con regole e parametri per l'azione di polizia, che è stato accettato dalla Corte Suprema ad aprile La Procura Federale e l'Ufficio del Difensore Civico dell'Unione hanno chiesto al governo di Cláudio Castro di chiarire e dimostrare di aver seguito i punti previsti dal piano, come l'uso di vídeo camere corporali da parte degli agenti di polizia; la presentazione di una giustificazione formale per l'operazione; e la presenza di ambulanze nelle zone colpite.      

 


Bruno Itan vede tutto con stanchezza e frustrazione. "Se la società pensava di aver vinto, di aver trionfato, credo che tutti abbiano perso", afferma.   "Vi garantisco che quando qualcuno muore nel narcotraffico, ce ne sono altri due o tre che entrano al loro posto."

 

E la chiesa del Brasile che cosa dice? Il cardinale di Rio de Janeiro, Orani João Tempesta,  invita ad essere costruttori di pace, di superare l’odio, la vendetta e l’indifferenza che corrodono il tessuto sociale; è urgente che uniamo le nostre forze per la riconciliazione, per il rispetto mutuo e, soprattutto, per la protezione della vita, per la promozione della giustizia e per la costruzione di una società pacifica, che promuova la dignità della persona umana, specialmente dei più poveri e per i più deboli.   Interessante, ma non si sbilancia affatto contro l’abuso di potere della polizia, dell’esercito, e del Governatore, che accusa lo Stato (Lula) di non avere dato i blindati per potere entrare con maggior facilità nelle favelas, logiche che non lasciano scampo ad un modo di affrontare le situazioni se non con la forza. Non voglio giudicare il Cardinale, ma infelicemente anche a livello di chiesa brasiliana, a volte rispondiamo alle situazioni con delle belle parole, ma spesso non siamo presenti nei luoghi dove la dignità umana è calpestata, dove le ingiustizie regnano sovrane e dove i poveri sono calpestati.

 

Ma, grazie a Dio, che papa Leone XIV, nella sua Esortazione Apostolica Delexit-te, ci dice questo:

“La condizione dei poveri rappresenta un grido che, nel corso della storia umana, interpella costantemente le nostre vite, le nostre società, i nostri sistemi politici ed economici e, soprattutto, la Chiesa. Nei volti feriti dei poveri troviamo impressa la sofferenza degli innocenti e, quindi, la sofferenza stessa di Cristo. Allo stesso tempo, dovremmo parlare, e forse più precisamente, degli innumerevoli volti dei poveri e della povertà, poiché si tratta di un fenomeno multiforme; infatti, esistono molteplici forme di povertà: quella di chi non ha i mezzi di sussistenza materiale, la povertà di chi è socialmente emarginato e non ha i mezzi per esprimere la propria dignità e le proprie capacità, la povertà morale e spirituale, la povertà culturale, quella di chi si trova in condizioni di debolezza o fragilità, sia personale che sociale, la povertà di chi non ha diritti, né spazio, né libertà.

 

            In questo senso, si può affermare che l'impegno per i poveri e per lo sradicamento delle cause sociali e strutturali della povertà, sebbene abbia acquisito importanza negli ultimi decenni, è ancora insufficiente; Poiché le società in cui viviamo spesso privilegiano linee politiche e standard di vita caratterizzati da numerose disuguaglianze, alle vecchie forme di povertà che abbiamo evidenziato e che cerchiamo di combattere se ne aggiungono altre nuove, a volte più subdole e pericolose. Da questo punto di vista, è lodevole che le Nazioni Unite abbiano inserito l'eliminazione della povertà tra gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.

 

            L'impegno concreto verso i poveri deve essere associato anche a un cambiamento di mentalità che ha implicazioni culturali. Infatti, l'illusione di felicità che deriva da una vita agiata porta molte persone ad avere una visione dell'esistenza incentrata sull'accumulo di ricchezza e sul successo sociale a tutti i costi, da raggiungere anche sfruttando gli altri e approfittando di ideali sociali ingiusti e di sistemi politico-economici che favoriscono i più forti. Così, in un mondo in cui i poveri sono sempre più numerosi, vediamo paradossalmente crescere alcune élite benestanti, che vivono in una bolla di condizioni eccessivamente agiate e lussuose, quasi in un mondo a parte rispetto alla gente comune. Ciò significa che persiste una cultura – a volte ben mascherata – che scarta gli altri senza nemmeno rendersene conto, tollerando con indifferenza milioni di persone che muoiono di fame o sopravvivono in condizioni indegne di esseri umani. Qualche anno fa, la foto di un bambino sdraiato a faccia in giù, senza vita, su una spiaggia del Mediterraneo suscitò grande sgomento; purtroppo, a parte un po' di momentanea commozione, eventi simili stanno diventando sempre più irrilevanti, come se fossero notizie di secondo piano. (DT. 9-10-11) Sarà che i “crocifissi” di Rio, non sono i volti di tanti uomini e donne, che sono frutto delle ingiustizie provocate da “Ideali sociali ingiusti e sistemi politio-economici che favoriscono i più forti, mascherandoli come “operazioni per la sicurezza”? Per la sicurezza di chi? Dei più forti…

 

Um abraço e bom final de semana, com as festas de Todos os Santos e a Comemoração dos Fieis Defuntos. Atè a próxima, pe. Luís, irmão da Caridade e vosso irmão.                                                                                          

                                                             

 

lunedì 6 ottobre 2025

LA SCUOLINA DI KARATE' FONDATA DA GIANLUCA GIUDETTI HA VINTO AI GIOCHI PAN-AMERICANI

 


La Squadra della Bahia: Accademia Fênix di Piritiba e Scuola di Karatr di Miguel Calmon


Il primo di ottobre, intorno alle 5:30 del mattino, siamo partiti dall'aeroporto di Salvador per Lima, in Perù. Ho accompagnato il maestro Marcos Paulo e la karateka Evelyn della Scuola Permanente di Karate Padre Paolo Cugini, insieme ad altri 10 studenti dell'Associazione Karate Piritiba Fênix, per partecipare al Campionato Panamericano.

In aeroporto, con scalo a Brasilia, abbiamo incontrato molti karateka provenienti da diversi stati brasiliani e ci siamo uniti a loro in questo meraviglioso viaggio verso il Perù.

Il giorno due e tre, si è tenuta una sessione di presentazione e allenamento per la squadra di atleti brasiliani in rappresentati, a Lima, dalla Confederazione delle Arti Marziali Educative del Brasile (CONFAMEB), filiata all'UPK (Unione Panamericana di Karate-Do). Evelyn era lì per prepararsi alle gare che si sono svolte dal quattro al cinque di ottobre presso il COLISEO Liceo Naval Contralmirante Monteiro in Avenida Venezuela n. 34, San Miguel, Lima, Perù.

Gli atleti erano in uno stato di grande eccitazione e gioia, avendo ricevuto la responsabilità di rappresentare il Brasile e la Bahia in questo importante evento di karate latino-americano.

Il professor Marcus Paulo (Paulinho) e il karateka Gustavo ricevono l'attestato di partecipazione al seminario tenuto dai sensei Carlos Lam, John Trebejo e Oliver del Castillo, peruviani, campioni panamericani nel 2019


Sabato mattina, quattro di ottobre, alcuni di noi si sono recati sul campo di gara dove avremmo dovuto partecipare (con me come spettatore) a un seminario di Karate tenuto dai maestri peruviani Carlos Lam, John Trebejo e Oliver del Castillo, campioni di Kata a squadre nel Panamericano del 2019, seminario su aggiormaneti delle tecniche del karate.

Nel pomeriggio, intorno alle 15:30 (ora di Lima), sono iniziate le gare ufficiali: Kata e Kumite per cinture da rosso a viola per maggiorenni. Erano presenti: Brasile, Perù, Cile ed Ecuador. La foto della delegazione brasiliana, scattata prima dell'inizio delle gare, ha immortalato la presenza di alunni provenienti dagli stati di Bahia (Miguel Calmon – Progetto Scuola Permanente di Karate padre Paolo Cugini, Piritiba – Accademia Fênix, Várzea do Poço – Accademia Fénix, Mundo Novo – Accademia Fénix), Goiás, Ceará, Brasilia-DF, San Paolo, Mato Grosso, Pernambuco e Sergipe.

In evidenza spunta la bandiera brasiliana, il simbolo nazionale, e quello che rappresenta i simboli della città e dell'Associazione WELS – Austria, grande partner e sostenitore del progetto di Miguel Calmon.

Al termine di questo lungo e memorabile viaggio, il Brasile ha vinto diverse medaglie d'oro e d'argento e il trofeo più grande della competizione.

La nostra Evelyn, che ha gareggiato domenica, ha vinto due medaglie, vincendo l'oro nel Katá a squadre e nel Kumite.

Evelyn (prima classificata nella competizione nella città di Bonito/BA) che rappresenta la città di Miguel Calmon, lo Stato di Bahia e il Brasile nel Campionato Panamericano di Lima (Perù).


Non abbiamo potuto fare a meno di esprimere la nostra immensa gratitudine per il supporto ricevuto che ci ha permesso di partecipare a questo Campionato Panamericano:

Alle Parrocchie di Santo Stefano e Santo Agostino, di Reggio Emilia, che hanno contribuito alle spese di viaggio dell’alteta Evelyn. Le suddette parrocchie, insieme al Centro Misisonario Diocesano di Reggio Emilia, sono stati e lo sono tutt’ora, molto vicini ai Progetti sociali presenti nella Diocesi di Ruy Barbosa oltre che al progetto di Karate di Miguel Calmon. Un grazie di cuore!

All'Associazione WELS-Austria, che ha contribuito all'acquisto del biglietto di Gianluca ed è partner e sostiene numerosi progetti nella Diocesi di Ruy Barbosa;

Al Comune di Miguel Calmón, rappresentato dal Sindaco Sampaio, che ha pagato il biglietto del Professor Marcus Paulo;

Nei giorni successivi, abbiamo approfittato del viaggio per visitare alcuni dei luoghi più iconici e tipici di Lima, guidati e accompagnati da Frate Giampiero, un francescano italiano, rettore della Facoltá Cattolica de Lima e che vive a Lima da molti anni.

Ritorneremo in Brasile l'otto di ottobre, soddisfatti e lieti di aver ben rappresentato il Brasile, Bahia e la città di Miguel Calmón a questo importante evento.

 

Diacono Gianluca Guidetti

Coordinatore del progetto



sabato 10 maggio 2025

BUONE NUOVE DALLA BAHIA

 





Ruy Barbosa, 6 de maio 2025, don Luigi Gibellini

 

            Ciao a tutti,

dopo um buon tempo di silenzio mi rifaccio vivo per raccontarvi un poco della vita trascorsa in questi mesi, in preparazione alla Pasqua, la Pasqua e il pezzo di dopo Pasqua.

            Cominciamo con la Quaresima, sempre caratterizzata dalla Campagna della Fraternità che quest’anno aveva come tema “Fraternità e Ecologia Integrale” e sub tema il testo de Genesi “E vide che tutto era buono”.   Le motivazioni per questa scelta sono state queste:

·         10 anni della Laudato Sì

·         800 anni del Cantico delle Creature di San Francesco

·         L’aggravamento della Crisi Climatica e le ultime catastrofi

·         La COP 30 in Brasile

·         Il Giubileo della Speranza, che invita alla riconciliazione integrale.

L’Obbiettivo Generale era: “Promuovere, in spirito quaresimale e in tempi di urgente crisi socio-ambientale, un processo di conversione integrale, ascoltando il grido dei poveri e della Terra” tentando di promuovere concretamente delle scelte nel nostro piccolo, cominciando dall’ambiente familiare e poi allargandosi anche in scelte più comunitarie. Una di queste è stata la scelta, in una comunità della campagna, di eliminare i bicchieri di plastica vicino ai bebedouros e comprare delle “caneque” (tazze) che rimanessero li e lavarle di volta in volta quando si utilizzavano. Piccoli segni, ma significativi. Una cosa negativa invece, è stata la poca divulgazione di questa Campanha, e poca formazione nelle varie comunità, sembra quasi che non ci sia più un grande interesse da parte dei preti e di chi dovrebbe suscitare interesse per queste tematiche che coinvolgono sempre più il pianeta e soprattutto l’essere umano.

            La Settimana Santa l’ho trascorsa nella parrocchia di Macajuba, ed è cominciata con la Domenica delle Palme, con le varie rappresentazioni dell’ingresso di Gesù e della Passione del Signore, questo avvenuto in un Povoado, dove i giovani hanno drammatizzato la Via Sacra lungo le strade del paese; poi il Martedì Santo, Messa Crismale in Alagoas dove si trova il Santuario Diocesano a ricordo di Maria Milza, in cammino di santità; alla fine della celebrazione Eucaristica il Vescovo Estevam ha fatto leggere prima in Latino e poi in Portoghese la lettera che è arrivata da Roma dove veniva annunciato che il percorso verso la canonizzazione di Maria Milza è in andamento e che già si può chiamare di Serva di Dio. Poi la visita ai malati e la celebrazione il mercoledì mattina con le persone anziane e il rito dell’Unzione degli Infermi. Poi il triduo Pasquale in varie comunità; mi piace molto celebrare nella campagna, con delle comunità piccole e a volte poverette, ma che ci mettono della voglia nel fare le cose bene, con tutti i limiti e gli errori liturgici, ma con tanta voglia di celebrare. In questi giorni ho sperimentato, attraverso il sacramento della riconciliazione, quanto è grande la misericordia di Dio e quanto è necessario accogliere tutti perché si possano sentire amati e trattati come figli. Durante la Quaresima nelle varie parrocchie si sono fatti dei momenti di Confessioni, chiamati “Mutirão de Confissões” dove tanta gente se è avvicinata la sacramento della misericordia, e dove noi padri ci siamo resi disponibili a viaggiare da una parrocchia all’altra in segno di comunione sacerdotale; tenete conto che non è come andare da Fontanaluccia a Febbio, ma fare anche 130 kilometri per raggiungere una parrocchia.

            Poi il Triduo Pasquale, nella parrocchia di Macajuba, visitando e celebrando in varie comunità rurali, nella ricchezza della diversità ma anche nella bellezza di vedere come le comunità celebrano e si animano nei momenti importanti dell’anno liturgico. Nel Giovedì Santo ho celebrato nella chiesa di Macajuba e i 12 rappresentanti per la Lavanda dei Piedi erano tutti uomini; allora ho detto che il prossimo anno sarebbe bello vedere che ci fossero anche delle donne, dei ragazzi e ragazze, perché sia rappresentata la comunità nelle varie età e vocazioni; poi non ho lavato i piedi e tutti, ma solo al primo e poi ognuno lavava il piede del vicino, fino ad arrivare a lavare il piede anche a me, come ha detto Gesù in quel momento, “come ho fatto io, così fate anche voi…” Qualcuno dopo la Messa ha fatto questione di ricordarmi che gli apostoli erano tutti uomini e che non si poteva pensare di inserire donne e ragazze…i commenti fateli voi!!!

            Il Venerdì Santo l’ho celebrato in un povoado, prima abbiamo fatto il rito della Croce e la lettura della Passione, e poi i giovani hanno messo in scena la Via Sacra per le vie del paese; ho apprezzato molto questo momento e anche l’impegni dei giovani e delle ragazze che si sono resi disponibili. Il Sabato Santo ho visitato i due ospedali che si trovano in Macajuba e Ruy Barbosa per dare una benedizione e fare gli auguri di Pasqua ai ricoverati; felicemente ne ho incontrati pochi, perché in queste feste i dottori cercano di liberare il più possibile chi si trova ospedalizzato. Poi sono passato anche nelle Delegazie per vedere i carcerati, e anche li non vi erano prigionieri; sarà che questo sia un segno dell’Anno Santo, dove una delle cose che papa Francesco aveva chiesto era di liberare i prigionieri?

            Poi alla notte ho fatto proprio una bella Veglia Pasquale: ho cominciato a celebrare alle 18 in una comunità chiamata Malhada Nova, poi ho continuato celebrando in un’altra comunità che si chiama Nova Cruz e ho concluso nella chiesa principale di Macajuba, terminando alle 23,30. Anche qui nella diversità delle celebrazioni e nella ricchezza della gente che ha preparato e vissuto con intensità la notte di Pasqua.



            Papa Francesco ci lascia il lunedì dell’Ottava di Pasqua, in silenzio, senza grandi boati, dopo avere dato la benedizione a tutti in giorno di Pasqua; povero tra i poveri, se nè andato dopo avere cominciato um processo di cambiamento nella chiesa e nel mondo.

 

            Finita la Settimana Santa, abbiamo celebrato i 29 anni della Casa della Carità nella domenica in Albis, con la presenza di padre Erivaldo e un buon numero di persone; tutto preparato con due giorni di adorazione, dove vari gruppi, movimenti e cristiani si sono alternati dando un tempo per fermarsi davanti al Signore nell’eucaristia. La settimana successiva ho partecipato a due giorni con i preti del Prado in Mundo Novo; siamo un gruppino di 10 sacerdoti che ogni due mesi circa, si incontrano per riflettere sulla spiritualità pradiana e per confrontarsi sul cammino di cada uno. E’ sempre un buon momento, dove si possono condividere idee, pensieri, difficoltà, con libertà, senza essere giudicati ma ascoltati. Mi sembra di potere dire che questo gruppo potrebbe diventare un luogo pensante, dove generare idee da presentare anche al presbiterio, senza correre però il rischio di pensare di essere sempre nella verità.

            Come ultima notizia, vorrei condividere con voi la bella presenza in casa di due seminaristi della Diocesi di Bomfim, Leandro e João Antonio, inviati dal vescovo dom Hernaldo, in preparazione alla loro ordinazione diaconale. Una presenza discreta ma significativa, perché si sono lasciati immergere nella vita della casa e nel servizio agli ospiti. Una settimana non è tanto, ma hanno manifestato quanto il mettere le mani in pasta, ha segnato un poco la loro vita, questo quello che hanno detto. Come regalo di despedida gli abbiamo dato la maglietta della festa della Casa, e il testo di Tonino Bello sulla stola e il grembiule.

            La Diocesi si sta preparando anche all’ordinazione diaconale di Junior e quella presbiterale di Augusto Mercio che avverranno sabato 24 maggio in Cattedrale; preghiamo per loro perché possano essere nella chiesa pastori e servitori di Gesù nelle periferie di questo mondo e di questa chiesa diocesana.



            Su papa Leone non dico niente, dicono già tanto i media e molte persone, dentro e fuori dalla chiesa; mi sembra di potere dire che lo Spirito Santo anche questa volta ci ha sorpresi e probabilmente ha agito come sempre per il bene della Chiesa; lasciamolo lavorare e mettiamoci all’ascolto.

            No Domingo do Bom Pastor deixo pra vocês uma frase de Tonino Bello:  "Uma Igreja que não sonha não é Igreja, é apenas um aparato. Quem não vem do futuro não pode trazer boas notícias. Só quem sonha pode evangelizar."  (do livro "Nos Caminhos de Isaías").  Bom tempo pascal e até a próxima, pe. Luigi irmão da Caridade e vosso irmão. 

lunedì 17 marzo 2025

AMAZZONIA, UNA CONDIVISIONE

 




Sr Alessandra e Isabela  


Ciao a tutti! 

Tornate già da un po’ dal nostro breve viaggio in Amazzonia, vi raccontiamo alcune cose viste e ascoltate.

Abbiamo passato nello stato brasiliano di Amazonas due settimane, visitando tre realtà: Manaus, dove siamo state accolte da d. Paolo Cugini, Tabatinga, tappa intermedia prima di arrivare alla nostra destinazione, e Santo Antonio do Içà, dove vivono e prestano servizio d. Paolo Bizzocchi, arrivato da pochi mesi, e d. Gabriele Carlotti, presente da 5 anni in questa terra. 

L'Amazzonia, terra verde, coperta di foresta e di acqua, dimensioni ben differenti dalle italiane, ma anche dalle bahiane. Per arrivare a Santo Antonio do Içà abbiamo “spalmato” il viaggio da Ruy Barbosa su quattro giorni, prendendo un pullman, tre aerei e il battello veloce, che da Tabatinga impiega 8 ore per arrivare a Santo Antônio: 8 ore di acqua e foresta. 

Abbiamo passato i primi giorni a Santo Antonio do Içá con d. Paolo Bizzocchi e d. Luigi Gibellini, che è stato una bella presenza per un mese e mezzo, tra gennaio e febbraio. Negli ultimi giorni è tornato d. Gabriele Carlotti dal suo viaggio mensile sul fiume. D. Paolo si sta impegnando tanto per studiare il portoghese (ora è a Brasilia a studiare) e conoscere la parrocchia e come funziona, mettendosi in ascolto delle persone, della realtà. 

Per prepararci al viaggio, abbiamo letto e pregato la Querida Amazônia, Esortazione Apostolica di Papa Francesco, scritta a seguito del Sinodo sull’Amazzonia, nel febbraio 2020.

Il nostro viaggio è stato breve, di due settimane: abbiamo visto qualcosa, ci siamo fatte idee probabilmente inesatte, guardando come da uno spioncino, ma proviamo a condividere qualcosa partendo dai quattro sogni di cui parla Papa Francesco (Querida Amazonia, n. 7)


“Sogno un’Amazzonia che lotti per i diritti dei più poveri, dei popoli originari, degli ultimi, dove la loro voce sia ascoltata e la loro dignità sia promossa”.



A Santo Antonio abbiamo incontrato tante persone che lavorano e si spendono per i bambini, con Progetti di doposcuola (Progetto “Maloca do Encontro”), di musica (Progetto “Olho d’água”), di sport (Associazione “Kurumim e Kunhatã”)… che li tengono lontani dallo stare per strada, insegnano a vivere insieme agli altri, stimolano la creatività e l’apprendimento. Sono cose molto importanti in un luogo dove tante famiglie non hanno risorse, dove tanti cadono nel traffico e nell’uso della droga, o nell’alcolismo, dove tante volte c’è una grande povertà umana e ci sono abusi nelle famiglie (che purtroppo portano tante giovani a togliersi la vita). 




A Manaus abbiamo ascoltato di tanti suicidi dovuti alla paura e alla mancanza di prospettive dovuto al grande traffico di droga che in certi quartieri domina e comanda. Abbiamo ascoltato d. Paolo parlare delle iniziative della parrocchia di São Vicente: l’ascolto fatto da due psicologhe stipendiate dalla parrocchia, l’evento organizzato per il “setembro amarelo” (in Brasile è il mese di prevenzione al suicidio); e le comunità della parrocchia organizzano la colazione o la cena per i poveri, molti dipendenti chimici, che vivono in baracche improvvisate, in condizioni di grande povertà. Abbiamo toccato con mano la grande umanità del gruppo Caritas della Comunità di s. Antonio che tutte le settimane va a invitare queste persone, e la mattina alle 5,00 inizia a preparare la colazione, che viene servita a partire dalle 6,30 a chi arriva, con un “Buongiorno”, i tavoli e le sedie, e servizio al tavolo.  




 “Sogno un’Amazzonia che difenda la ricchezza culturale che la distingue, dove risplende in forme tanto varie la bellezza umana”.

Una cosa che ci ha colpito tanto a Santo Antonio è come è normale la vita sul fiume. In qualsiasi luogo si voglia andare, è via acqua, con la sua bellezza e le sue sfide. Fin da piccoli tanti bimbi sono abituati ad andare sul fiume, vanno con il papà a pescare. Il fiume vuol dire altri tempi di movimento, di vita, più lenti. 

Avremmo voluto approfondire la questione indigena, sentirne parlare dalla gente, ma non c’è stata l’opportunità. In vari ci hanno detto che praticamente tutti nella zona hanno origini indigene, ma sono pochi quelli che le riconoscono e accolgono. 

Siamo andati in visita a un villaggio Kokama, vicino a Santo Antonio. Una cosa bella che abbiamo ascoltato è che chi vuole andare a vivere lì e dichiara che è di origine Kokama, è accolto. C’è tutta una cultura propria, fatta di tradizioni, di luoghi, di riti… Nei villaggi indigeni c’è la scuola, dove si insegna la lingua della tribù e il portoghese. I popoli indigeni hanno diritti propri nei villaggi, riconosciuti e difesi dallo Stato.





“Sogno un’Amazzonia che custodisca gelosamente l’irresistibile bellezza naturale che l’adorna, la vita traboccante che riempie i suoi fiumi e le sue foreste”.

Abbiamo visto tanta acqua, e tanta foresta, tanto verde… Dall’aereo e nel viaggio in barca. L’acqua è vita, l’acqua porta il pesce, tanto prezioso per l’alimentazione…

In alcuni luoghi della regione amazzonica i cercatori d’oro illegalmente inquinano i fiumi con il mercurio, per pulire l’oro dalle scorie… E questo significa pesce ammalato, e persone ammalate. Ci sono luoghi con abbondanza di pesce, in cui gli abitanti hanno smesso di mangiarlo per non ammalarsi…

La quantità di acqua e di verde fa pensare al brano biblico del profeta Ezechiele, dell’acqua che sgorga dal Tempio, diventa un fiume navigabile, e:

 “Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il fiume, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché quelle acque dove giungono, risanano e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Sulle sue rive vi saranno pescatori […] Lungo il fiume, su una riva e sull'altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui fronde non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina» (Ez 47)

Abbiamo visto, in un paesino a 45 minuti da Manaus, dove d. Paolo Cugini ci ha portate, le rovine di un edificio di fine Ottocento, che nella sua storia ha avuto vari usi, ed è abbandonato da più di 30 anni: la natura se ne è impossessata, con alberi che hanno sparso le loro radici ovunque! Natura trasbordante….



Purtroppo abbiamo visto anche le rovine, più recenti, di quello che doveva essere un grande polo universitario, per il quale sono stati costruiti una strada a due carreggiate di tre corsie, e un grande edificio, disboscando una zona grande. Il progetto è poi stato lasciato a metà e i soldi sono stati usati dai potenti per i propri interessi... Tra qualche decina di anni, forse, se non se ne farà niente, la natura riprenderà possesso della zona…   

 “Sogno comunità cristiane capaci di impegnarsi e di incarnarsi in Amazzonia, fino al punto di donare alla Chiesa nuovi volti con tratti amazzonici.”

Abbiamo ascoltato, a Tabatinga come a Santo Antonio do Içá, il desiderio che ci siano presenze di consacrati, di persone che si dedichino ai popoli indigeni, che entrino nella cultura, imparino la lingua… Possano condividere la Parola di Dio in modo più incarnato. In una comunità dove siamo passati a Tabatinga solo il capo della comunità parla portoghese. Nella cappella hanno dipinto un Cristo al centro, e le divinità che per la cultura Tikuna hanno dato origine alla creazione. E una bellissima Madonna coi tratti indigeni.



D. Gabriele ci raccontava che quando va sul fiume, nelle comunità indigene, c’è sempre qualcuno che traduce.

Nel villaggio Kokama, vicino a Santo Antonio, dove siamo stati in visita, c’è il desiderio che possa sorgere una cappella.

Una grande sfida per la Chiesa Cattolica nei luoghi dove siamo state è quella della presenza di tantissime Chiese evangeliche pentecostali, che spesso si collocano in netta contrapposizione con la Chiesa Cattolica. Di fatto il dialogo è molto difficile. Speriamo e preghiamo che si possa aprire un dialogo e collaborazione, almeno tra i fedeli delle diverse Chiese, per il bene in particolare dei più fragili!



Ecco, solo qualche flash dallo spioncino del nostro viaggio! Siamo tornate grate al Signore e a chi ci ha permesso di conoscere un pezzetto di Brasile ben diverso dalla Bahia! Grate anche per la ricchezza dello scambio tra missionari in Bahia e in Amazzonia!

Preghiamo che ci possano essere missionari per l’Amazzonia, che possano raccogliere l’invito di Papa Francesco e del Sinodo, che i sogni possano diventare realtà per quei popoli e quella terra, e per l’umanità intera!