“Credo che dentro di me ci sia ancora una carica tanto grande di amore per i miei fratelli, ma vedo che la sto dando con il contagocce. Io ho tutto, una bella casa, un lavoro che mi soddisfa e la dispensa col necessario; davanti a me c’è la miseria dove vive un mondo di gente. Vorrei essere generosa a tal punto da dividere tutto quello che ho, ma la mia generosità è limitata perché, se non avessi le cose elencate sopra, non riuscirei a vivere.” Questo è uno stralcio di una lettera di Antonina scritta al Vescovo Gilberto Baroni, siamo nell’aprile del 1982; era stato proprio Mons. Baroni che aveva aiutato Antonina a comprarsi una casa nel bairro Fazenda Grande do Retiro, in Salvador. Ricordava spesso Antonina che, il vescovo Gilberto si era comportato con lei come un vero padre, che aveva visto la necessità di dare a lei una casa, anche se non gliela aveva mai chiesta. Questa casa dove tante volte Antonina ci ha ospitato, quando per viaggi, documenti e spese varie eravamo in Salvador; possiamo dire di avere sperimentato la sua generosità. Come per la missione Malgascia don Pietro Ganapini rappresentava la storia della missione reggiana in Madagascar; così penso che Antonina ben rappresenta la nostra presenza qui in questa terra brasiliana, in particolare in Bahia. Una donna, una cristiana, una laica e una missionaria della prima ora, che ha sentito la chiamata missionaria come qualcosa che non solo affidato ai sacerdoti e ai religiosi ma anche per i laici e per tutto il popolo di Dio in cammino.
Per questa sua vocazione laica e
missionaria Antonina ha lottato alle volte passando in mezzo alle
incomprensioni che ha sempre affrontato con piglio sereno ma deciso. Ricordava
come anche la propria famiglia avesse fatto fatica ad accettare la sua chiamata
missionaria; perché la vocazione di laica missionaria non era ritenuta una
vocazione vera e propria. Poi i luoghi dove ha vissuto la sua vocazione:
Salvador con l’Orfanotrofio dell’OAFI, Irecê con l’equipe italiana, poi di
nuovo Salvador alla Caritas. Antonina ha dovuto aprirsi un cammino e lottare
per poter trovare una dimensione di servizio e missione in questa realtà
brasiliana. Poi con il lavoro di bordato e cucito dato e insegnato alle donne
povere della periferia di Salvador, ci ha mostrato come è importante riconoscere
e sviluppare la dignità della donna. Senza contare le ragazze che ha aiutato a
incontrare una professione, in particolare nell’area infermieristica della
salute. E’ sempre stata una buona parrocchiana, nella parrocchia adesso della
Conversione di San Paolo, un tempo servita dai preti missionari di Firenze; non
si può dimenticare don Renzo, il precursore e poi don Alfonso. Ma Antonina si è
trovata molto bene anche con il padre attuale, il bahiano Pe. Cesar; non
mancava all’impegno fedele e generoso alla sua parrocchia.
In questi anni per noi missionari in Bahia Antonina ha sempre significato un punto di appoggio, un riferimento e anche una roccia salda di fronte ai tanti cambiamenti che ci sono stati. Antonina ci ha fatto da maestra anche con i suoi consigli e con la sua presenza discreta, col dirci come fare i primi passi in questa terra. Ci sottolineava come la prima fase di ambientamento fosse di “sopravvivenza”, di fronte alla nuova lingua ad un paese nuovo da conoscere in tutti i suoi aspetti. Quindi piccoli passi, non tutto in una volta, per poi avere la capacità di inserirsi in una nuova cultura e abitudini differenti. Poi la sua accoglienza era sempre accompagnata dai cibi classici della cucina italiana: pasta asciutta col formaggio grana con non poteva mancare, cotolette e piselli, un vino e alla sera una buona caipirinha, papaia e limone, formaggio e goiabada. Alle volte ci portava fuori a mangiare il pesce o la pizza, si vedeva che voleva stemperare anche le nostre fatiche e farci recuperare energie positive. Qui a Ruy Barbosa, alla Casa della Carità, era venuta l’ultima volta tre anni fa, in un incontro di Italiani; quando l’abbiamo festeggiata per i suoi 80 anni, c’è una foto simpatica che la ritrae come regina su una seggiola.
Ricordando
gli ultimi mesi, era andata in Amazzonia, sempre pronta a viaggiare e anche a vedere
di persona le nuove frontiere missionarie della diocesi di Reggio Emilia qui in
Brasile. Con le scelte che aveva fatto da tempo Antonina aveva deciso di
lasciare la sua casa all’Abrigo san Gabriel; in questo abrigo sarebbe stata
accolta quando non avrebbe più vissuto in autonomia. Aveva due pensioni: una
italiana, era stata aiutata per pagare le marchette dalla sua mamma; l’altra
brasiliana, quando Collor aveva depredato i conti in banca dei brasiliani,
Antonina era riuscita a convertirli in contributi pensionistici. E’
interessante come usava questi soldi, come abbia sempre aiutato la sua
parrocchia e alla fine ha lasciato tutti i suoi averi ad una istituzione caritativa.
Questo le fa onore e ci fa vedere come abbia vissuto la povertà e il distacco
dai beni. Nei primi giorni di febbraio,
ha lasciato la sua casa è andata a stare all’abrigo; li si è sentita male e
l’hanno portata al San Rafael, uno degli ospedali meglio attrezzati qui a
Salvador. Le hanno riscontrato un problema neurologico ma senza scoprire
realmente le cause. E’ stata ricoverata nel HGE l’ospedale dello stato di
Salvador, quello dove và la gente comune. Siamo riusciti ad andare a trovarla,
prima che la pandemia arrivasse, gli abbiamo dato una benedizione ma abbiamo
compreso che si preparava per l’ultimo viaggio. Siamo convinti che questi mesi
di ospedale l’abbiano purificata e preparata al Paradiso. E’ morta come tanti
anziani qui in Brasile e portati via da questo corona virus; questo per dirci
come la sua condivisione della vita con il Brasile sia andata fino in fondo, un
segno dell’incarnazione vissuta e condivisa con questo popolo brasiliano.
Adesso
abbiamo una amica in più in Cielo, ci affidiamo anche alla tua preghiera
Antonina per continuare a seminare il vangelo della carità in questa terra, con
quella generosità che ti ha contraddistinto.
Contributo
di Pe. Luis in nome della Casa di Carità di Ruy Barbosa
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