“E l’apologetica, tentazione sempre presente, noi la vogliamo lasciare
fuori dal nostro quartiere”.
Terminava così il mio ultimo articolo, lasciando qualche perplessità e alcune
incomprensioni, del resto giustificate. Mi spiego meglio nel cosa ho voluto
dire. La necessità di mantenere vivo il “deposito” la fede così chiamata da San
Paolo, di far conoscere e di trasmettere il messaggio del cristianesimo con le
caratteristiche prorpie che le sono state date dal suo fondatore è innegabile
ancora oggi. L’apologetica, insomma, non appartiene al passato lontano degli
albori del cristianesimo o a quello meno lontano dal sapore tridentino.
L’apologetica fa parte della nostra essenza di essere cristiani nel mondo ma
“non del mondo” come la Lettera a Diogneto ci ricorda molto bene. La questione
non è, allora, SI o NO all’apologetica, ma QUALE apologetica per i nostri
giorni.
Sono convinto della necessità
di difendere la fede, la tradizione e la dottrina del Cristianesimo e, per
noi, del cattolicesimo. Tanti padri della Chiesa autorevoli ce lo hanno
insegnano: citandone solo alcuni dell’interminabile lista che si può produrre: Aristide,Marciano, Melitone
di Sardi, GiustinoMartire,Taziano,Teofilo di
Antiochia, Tertulliano, Ippolito
di Roma, san
Cipriano, Clemente Alessandrino e Origene, Eusebio di
Cesarea, Atanasio, Ilario di
Poitiers, Agostino
d'Ippona.
Questa è un’apologetica sana, importante, fatta di contenuti. Quella a
cui mi riferisco io, nell’articolo, e che sento spessissimo proferita dai
pastori evangelici di basso profilo, è tutt’altro che una difesa della fede,
tutt’altro che un dare ragione della speranza che è in noi (1Pt 3, 15). È un
fare terra brucita, un’allontanare sempre di più le posizioni dottrinali delle
tradizione cattolica e protestante (invece di cercare punti di contatto, si
cerca quello che ci divide e che ci fa rimanre divisi).
Questo tipo di difesa, di apologetica non ci serve, non solo qui ma
anche in qualsiasi altro posto della terra dove si vuole davvero annunciare
Gesù Cristo.Vogliamo confrontarci su quello che ci unisce, mettere in comune
quello che ci fa lavorare insieme sulle persone.
Oggi, nelle nostre comunità l’apologetica spicciola cattura molte menti
deboli, raccoglie molti fedeli ingenui, miete molte vittime del cristianesimo.
Persone che vogliono credere, sperare nel Signore Gesù Cristo ma che se lo
trovano “raccontato” e predicato da gente che ne sa veramente poco del Mistero
Pascquale e della Resurrezione; figuriamoci poi della Chiesa e della
Tradizione. Vorrei che si arrivasse a pensare come il Concilio
Vaticano II quando dice che “Abbiamo bisogno di una nuova apologetica, adatta
alle esigenze di oggi, che consideri che il nostro compito non consiste nel
conquistare argomenti, ma anime, nell'impegnarci in una lotta spirituale, non
in una disputa ideologica, nel difendere e promuovere il Vangelo, non noi
stessi”.
Credo, poi, che si possano avere due forme di difesa non necessariamente
in antitesi tra loro, ma anzi che si completano: l’Apologetica e la Testimonianza
(intesa come il martire – μάρτυς – cioè il testimone), per chi fa fatica a capire che una è già
contenuta nell’altra. Ma questa è un'altra sottolineatura da raccontare......
A presto
Miguel Calmon, 12
disettembre 2017
Gianluca Guidetti
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