lunedì 17 luglio 2017

RIAPRE LA CHIESA DI IPIRA’




Don Gabriele Burani

Carissimi, alcune notizie dal Brasile, dalla nostra missione reggiana.
Innanzitutto un motivo di gioia per noi, la riapertura della Chiesa parrocchiale di Ipirá, dopo un anno di lavori; la prima domenica di luglio abbiamo riaperto la chiesa con una celebrazione molto commossa, presieduta dal nostro vescovo André. ( foto su Face-book).  Una vera ‘eucaristia’ ringraziando Dio per la possibilità di rientrare nell’edificio, e anche per lo scampato pericolo: la chiesa stava crollando e non ne avevamo coscienza! Poteva capitare una vera tragedia.

Il costo dei lavori é elevato, al di lá di quello che si pensava inizialmente, ma molte persone hanno collaborato per aiutare. Un grande aiuto economico dalla Diocesi di Reggio ( diverse parrocchie e singoli ci stanno aiutando) e dal Centro Missionario e di questo ringraziamo molto.  Manca ancora qualche lavoro per concludere, ma ci siamo quasi.   La mancanza di uno spazio grande di incontro nel centro della città  ha causato una diminuzione della partecipazione dei fedeli nelle celebrazioni e disagi per molte attività,  con continue invasioni nella nostra casa, a tutti gli orari.... Ora spero che la possibilità di celebrare in Chiesa rafforzi la comunità un poco dispersa.
Abbiamo avuto la gradita sorpresa della visita del nuovo direttore del centro Missionario, don Pietro Adani, accompagnato da Caterina (economato diocesano); sono rimasti qualche giorno in Ipirá, poi Pintadas e gli altri centri della diocesi dove operano i missionari reggiani. Abbiamo avuto la possibilità di parlare con libertà e amicizia, del passato, del presente e delle prospettive future delle nostre missioni. Credo siano stati giorni molto fruttuosi, per don Pietro con la  conoscenza della nostra realtà brasiliana, diversa dalla reggiana ( ma é sempre la stessa Chiesa di Gesù), e per noi  sentire la vicinanza della Diocesi che condivide la nostra opera pastorale, la nostra presenza in mezzo al popolo del sertão brasileiro.
Sono appena rientrato dalla missione diocesana. Ero in una parrocchia distante da Ipirá, più di tre ore di auto per arrivare.  Ogni anno si sceglie una parrocchie e preti, religiosi, laici da tutta la diocesi sono disponibili per una settimana di missione. Un centinaio di missionari: veniamo divisi in piccoli gruppi e ogni gruppo in una comunità, per visitare tutte le famiglie, guidare le celebrazioni, conversare con i responsabili della comunità, fare proposte per animare, per confermare o migliorare la attività pastorale.   Io ero con altri 5 in un paese di collina lontano dal centro ( circa 200 famiglie), e anche in un assentamento ( si occupa una grande zona che era di una sola fazenda e un solo proprietario, per dividerla  dando terra a tante famiglie)  abitato da 70 famiglie.     Visitando le famiglie, mi colpiva il fato che molti bambini e ragazzi di famiglie che si dicono cattoliche, non sono battezzati. Un gruppo ha iniziato la catechesi per la prima comunione, ma la catechista ha interrotto.  Quasi nessuno è cresimato (ultima cresima risale a 40 anni fa); pochissimi sposati con sacramento del matrimonio ( qualche signora vorrebbe sposarsi, ma i mariti non hanno intenzione). É un paese abbastanza isolato, con una realtà sociale diversa dalla città: non ci sono furti, non hanno la realtà di violenza, anche la droga non è diffusa tra i giovani come da noi...  ma anche  non ci sono grandi prospettive per il futuro. Ci sono molti ragazzi, pochi hanno una prospettiva sul futuro. In una settimana si crea un clima amichevole, di stima e collaborazione che  aiuta la comunità a riunirsi anche in futuro. Le famiglie sono state molto accoglienti con noi missionari; la speranza è che la comunità abbia un po’ di forza  per animarsi, soprattutto nella parte di formazione catechetica.

          Questa della missione diocesana annuale é una esperienza molto valida, fa sentire a unità della diocesi e certamente aiuta la parrocchia coinvolta a re-impostarsi con maggiore coscienza.
Ipirá – Bahia, 16-07-2017   
Un saluto a tutti voi, don Gabriele Burani


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