lunedì 17 marzo 2025

AMAZZONIA, UNA CONDIVISIONE

 




Sr Alessandra e Isabela  


Ciao a tutti! 

Tornate già da un po’ dal nostro breve viaggio in Amazzonia, vi raccontiamo alcune cose viste e ascoltate.

Abbiamo passato nello stato brasiliano di Amazonas due settimane, visitando tre realtà: Manaus, dove siamo state accolte da d. Paolo Cugini, Tabatinga, tappa intermedia prima di arrivare alla nostra destinazione, e Santo Antonio do Içà, dove vivono e prestano servizio d. Paolo Bizzocchi, arrivato da pochi mesi, e d. Gabriele Carlotti, presente da 5 anni in questa terra. 

L'Amazzonia, terra verde, coperta di foresta e di acqua, dimensioni ben differenti dalle italiane, ma anche dalle bahiane. Per arrivare a Santo Antonio do Içà abbiamo “spalmato” il viaggio da Ruy Barbosa su quattro giorni, prendendo un pullman, tre aerei e il battello veloce, che da Tabatinga impiega 8 ore per arrivare a Santo Antônio: 8 ore di acqua e foresta. 

Abbiamo passato i primi giorni a Santo Antonio do Içá con d. Paolo Bizzocchi e d. Luigi Gibellini, che è stato una bella presenza per un mese e mezzo, tra gennaio e febbraio. Negli ultimi giorni è tornato d. Gabriele Carlotti dal suo viaggio mensile sul fiume. D. Paolo si sta impegnando tanto per studiare il portoghese (ora è a Brasilia a studiare) e conoscere la parrocchia e come funziona, mettendosi in ascolto delle persone, della realtà. 

Per prepararci al viaggio, abbiamo letto e pregato la Querida Amazônia, Esortazione Apostolica di Papa Francesco, scritta a seguito del Sinodo sull’Amazzonia, nel febbraio 2020.

Il nostro viaggio è stato breve, di due settimane: abbiamo visto qualcosa, ci siamo fatte idee probabilmente inesatte, guardando come da uno spioncino, ma proviamo a condividere qualcosa partendo dai quattro sogni di cui parla Papa Francesco (Querida Amazonia, n. 7)


“Sogno un’Amazzonia che lotti per i diritti dei più poveri, dei popoli originari, degli ultimi, dove la loro voce sia ascoltata e la loro dignità sia promossa”.



A Santo Antonio abbiamo incontrato tante persone che lavorano e si spendono per i bambini, con Progetti di doposcuola (Progetto “Maloca do Encontro”), di musica (Progetto “Olho d’água”), di sport (Associazione “Kurumim e Kunhatã”)… che li tengono lontani dallo stare per strada, insegnano a vivere insieme agli altri, stimolano la creatività e l’apprendimento. Sono cose molto importanti in un luogo dove tante famiglie non hanno risorse, dove tanti cadono nel traffico e nell’uso della droga, o nell’alcolismo, dove tante volte c’è una grande povertà umana e ci sono abusi nelle famiglie (che purtroppo portano tante giovani a togliersi la vita). 




A Manaus abbiamo ascoltato di tanti suicidi dovuti alla paura e alla mancanza di prospettive dovuto al grande traffico di droga che in certi quartieri domina e comanda. Abbiamo ascoltato d. Paolo parlare delle iniziative della parrocchia di São Vicente: l’ascolto fatto da due psicologhe stipendiate dalla parrocchia, l’evento organizzato per il “setembro amarelo” (in Brasile è il mese di prevenzione al suicidio); e le comunità della parrocchia organizzano la colazione o la cena per i poveri, molti dipendenti chimici, che vivono in baracche improvvisate, in condizioni di grande povertà. Abbiamo toccato con mano la grande umanità del gruppo Caritas della Comunità di s. Antonio che tutte le settimane va a invitare queste persone, e la mattina alle 5,00 inizia a preparare la colazione, che viene servita a partire dalle 6,30 a chi arriva, con un “Buongiorno”, i tavoli e le sedie, e servizio al tavolo.  




 “Sogno un’Amazzonia che difenda la ricchezza culturale che la distingue, dove risplende in forme tanto varie la bellezza umana”.

Una cosa che ci ha colpito tanto a Santo Antonio è come è normale la vita sul fiume. In qualsiasi luogo si voglia andare, è via acqua, con la sua bellezza e le sue sfide. Fin da piccoli tanti bimbi sono abituati ad andare sul fiume, vanno con il papà a pescare. Il fiume vuol dire altri tempi di movimento, di vita, più lenti. 

Avremmo voluto approfondire la questione indigena, sentirne parlare dalla gente, ma non c’è stata l’opportunità. In vari ci hanno detto che praticamente tutti nella zona hanno origini indigene, ma sono pochi quelli che le riconoscono e accolgono. 

Siamo andati in visita a un villaggio Kokama, vicino a Santo Antonio. Una cosa bella che abbiamo ascoltato è che chi vuole andare a vivere lì e dichiara che è di origine Kokama, è accolto. C’è tutta una cultura propria, fatta di tradizioni, di luoghi, di riti… Nei villaggi indigeni c’è la scuola, dove si insegna la lingua della tribù e il portoghese. I popoli indigeni hanno diritti propri nei villaggi, riconosciuti e difesi dallo Stato.





“Sogno un’Amazzonia che custodisca gelosamente l’irresistibile bellezza naturale che l’adorna, la vita traboccante che riempie i suoi fiumi e le sue foreste”.

Abbiamo visto tanta acqua, e tanta foresta, tanto verde… Dall’aereo e nel viaggio in barca. L’acqua è vita, l’acqua porta il pesce, tanto prezioso per l’alimentazione…

In alcuni luoghi della regione amazzonica i cercatori d’oro illegalmente inquinano i fiumi con il mercurio, per pulire l’oro dalle scorie… E questo significa pesce ammalato, e persone ammalate. Ci sono luoghi con abbondanza di pesce, in cui gli abitanti hanno smesso di mangiarlo per non ammalarsi…

La quantità di acqua e di verde fa pensare al brano biblico del profeta Ezechiele, dell’acqua che sgorga dal Tempio, diventa un fiume navigabile, e:

 “Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il fiume, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché quelle acque dove giungono, risanano e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Sulle sue rive vi saranno pescatori […] Lungo il fiume, su una riva e sull'altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui fronde non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina» (Ez 47)

Abbiamo visto, in un paesino a 45 minuti da Manaus, dove d. Paolo Cugini ci ha portate, le rovine di un edificio di fine Ottocento, che nella sua storia ha avuto vari usi, ed è abbandonato da più di 30 anni: la natura se ne è impossessata, con alberi che hanno sparso le loro radici ovunque! Natura trasbordante….



Purtroppo abbiamo visto anche le rovine, più recenti, di quello che doveva essere un grande polo universitario, per il quale sono stati costruiti una strada a due carreggiate di tre corsie, e un grande edificio, disboscando una zona grande. Il progetto è poi stato lasciato a metà e i soldi sono stati usati dai potenti per i propri interessi... Tra qualche decina di anni, forse, se non se ne farà niente, la natura riprenderà possesso della zona…   

 “Sogno comunità cristiane capaci di impegnarsi e di incarnarsi in Amazzonia, fino al punto di donare alla Chiesa nuovi volti con tratti amazzonici.”

Abbiamo ascoltato, a Tabatinga come a Santo Antonio do Içá, il desiderio che ci siano presenze di consacrati, di persone che si dedichino ai popoli indigeni, che entrino nella cultura, imparino la lingua… Possano condividere la Parola di Dio in modo più incarnato. In una comunità dove siamo passati a Tabatinga solo il capo della comunità parla portoghese. Nella cappella hanno dipinto un Cristo al centro, e le divinità che per la cultura Tikuna hanno dato origine alla creazione. E una bellissima Madonna coi tratti indigeni.



D. Gabriele ci raccontava che quando va sul fiume, nelle comunità indigene, c’è sempre qualcuno che traduce.

Nel villaggio Kokama, vicino a Santo Antonio, dove siamo stati in visita, c’è il desiderio che possa sorgere una cappella.

Una grande sfida per la Chiesa Cattolica nei luoghi dove siamo state è quella della presenza di tantissime Chiese evangeliche pentecostali, che spesso si collocano in netta contrapposizione con la Chiesa Cattolica. Di fatto il dialogo è molto difficile. Speriamo e preghiamo che si possa aprire un dialogo e collaborazione, almeno tra i fedeli delle diverse Chiese, per il bene in particolare dei più fragili!



Ecco, solo qualche flash dallo spioncino del nostro viaggio! Siamo tornate grate al Signore e a chi ci ha permesso di conoscere un pezzetto di Brasile ben diverso dalla Bahia! Grate anche per la ricchezza dello scambio tra missionari in Bahia e in Amazzonia!

Preghiamo che ci possano essere missionari per l’Amazzonia, che possano raccogliere l’invito di Papa Francesco e del Sinodo, che i sogni possano diventare realtà per quei popoli e quella terra, e per l’umanità intera!


martedì 25 febbraio 2025

PENSIERI E RIFLESSIONI DAL VIAGGIO IN AMAZZONIA

 




Don Luigi Gibellini


Ciao a tutti,

sono rientraro da Manaus e adesso sono in Salvador aspettando di partire per rientrare a Ruy Barbosa domani. Tento di mettere insieme alcuni pensieri e riflessioni che ho elaborato in questi giorni passati in Santo Antonio e in Manaus. Bisogna prenderli con molta prudenza e con lo sguardo di uno che è arrivato in un luogo un poco sconosciuto e con tutta una realtà, cultura e tradizioni che non conoscevo e che ancora adesso non conosco. Quindi prendete tutto con cautela e con le pinze.

La prima cosa che mi viene da dire di botto, e che mi ha colpito molto positivamente, è stato vedere, all’arrivo al porto di Santo Antonio, dopo 29 ore di lancha, il volto amico di don Paolo Bizzocchi che mi stava aspettando, e che con rapidità mi ha abbracciato e preso la valigia; parabéns. E’ sempre bello sentirsi accolti, aspettati e sentirsi a casa. Dopo tre giorni di viaggio e decisamente stanco, l’accoglienza diventa un buon toccasana e rinfranca del tempo trascorso tra macchina, aereo e barca. Poi arrivati in casa l’incontro con don Gabriele, veterano della missione brasiliana, uno di quelli che don Paolo Ronzoni, definirebbe “dinosauri”, ma sempre ben accogliente e pungente. La casa parrocchiale ha avuto una grande riforma strutturale, cioè rifatto completamente il tetto e, adesso non piove più in casa, ma continua a piovere abbondantemente tutti i giorni; questa è stata una novità di questo tempo, cioè la quantità di pioggia quotidiana che è caduta nel tempo in cui mi sono fermato, e grazie a Dio, perché il fiume era ben basso e adesso ha ripreso il livello normale. 

Mi sono inserito a poco a poco nel quotidiano della vita parrocchiale, che in quel momento stava celebrando vari novenari nelle comunità della città; São Sebastião, poi di seguito Nossa Senhora da Saúde, concludendo con São Lazaro, il povero, non quello resuscitato da Gesù, ma quello della parabola. 


Questo è stato un modo di entrare nella vita delle comunità in un momento particolare e di più grande partecipazione, ma che ti dà il modo di incontrare gente, conoscere storie, vivere quello che è la religiosità popolare, a volte discutibile, ma che riflette un volto concreto del cammino ecclesiale e comunitario. Per certi aspetti non è molto differente dalla realtà di Ruy Barbosa, dove i novenari e le trezene a volte diventino più importanti di Gesù Cristo, o dove certe persone riesci ad incontrarle solo in questi momenti ed eventi. Ma, nello stesso tempo, questi momenti diventano anche opportunità di evangelizzazione, in modo differente, come il proporre una Liturgia Penitenziale, con assoluzione comunitaria, sottolineando la Misericordia di Dio, o una Adorazione Eucaristica sottolineando che l’eucaristia non si “adora”, ma si spezza e si condivide, difatti mi è piaciuto vedere che alla fine della celebrazione, si è spezzato l’ostia grande e si è distribuita la comunione.  Segni belli che aiutano la comunità a sentirsi comunità che celebra, ascolta la parola e che vive la condivisione e l’attenzione alla vita, qualsiasi essa sia. 
Dentro a tutto questo, ho però sperimentato un certo tipo di solitudine, una realtà che di fatto è chiusa in sé stessa e che non ha molte possibilità di confronti e di spazi fuori dalla realtà stessa della parrocchia e tra i due sacerdoti che stanno portando avanti questa missione. Credo che il lavoro fatto in questi 5 anni dai due don Gabriele è stato un lavoro di ristrutturazione ecclesiale, tentando di ridare forza alle Comunità Ecclesiali di Base (che oggi si chiamano Comunità Ecclesiali Missionarie), come protagoniste dell’annuncio del Vangelo e della scelta Ministeriale che si tenta di fare, con grosse difficoltà e accoglienza. E’ più facile dire il rosario alle 4 del mattino con frei Gilson, che assumersi responsabilità nella vita della comunità. Non sono due cose in contrapposizione, ma a volte prevale un certo tipo di tradizionalismo, e non aiuta ad essere cristiani che mettono insieme la fede con la vita. 
Pensando al tempo passato, ma non con saudade, nella diocesi di Ruy Barbosa, avere la presenza di preti, suore, laici, famiglie, visitatori, era un modo di esprimere l’essere chiesa diocesana in una forma completa, bella e speciale; qui mi sembra che manchi qualcosa che esprima questa diversità di vocazioni, all’interno della stessa missione; la prospettiva di avere dei volontari che possano passare dei periodi lunghi qui a Sant’Antonio mi sembra un poco svanita, o per lo meno un po' meno concreta o reale. Quindi quello che si prospetta è una missione ridotta alla presenza di soli sacerdoti, che al momento attuale diventa anche difficile trovare. Non è un giudizio, ma vorrebbe essere un confronto e una riflessione aperta, qui e nello stesso tempo in diocesi di Reggio Emilia-Guastalla.
Nel tempo che sono stato in Santo Antonio, sono arrivate anche suor Alessandra (CdC) e Isabela, novizia brasiliana, che si sono fermate una quindicina di giorni; credo che questo ha fatto si che la missione acquisisse un volto più diocesano. 



Con Gabriele ho fatto anche un giro per visitare alcune comunità ribeirinhas, cioè quelle sul fiume, ed è molto affascinante, ma nello stesso tempo molto pesante e richiede con certezza molta pazienza e perseveranza; il viaggiare sul fiume ti dà il senso della fragilità e tutto quello che ti circonda ti dà il senso della immensità, di acqua, di foresta, di vita e di “nulla”, perché per chilometri e chilometri non vedi altro che “acqua, foresta, cielo”. 
Poi con Paolo siamo andati a visitare anche una “aldeia”  (villaggio) della tribù Kokama a pochi chilometri di Santo Antonio, incontrando il Caxique e la sua familia, che ci hanno raccontato un po' della vità della comunità, con le luci e le ombre, come è strutturata la convivenza dentro la comunità e come sono le relazioni con le altre comunità indigene dell’Amazzonia. Al centro dell’aldeia una grande struttura rotonda dove avvengono tutte le cose importanti della comunità: feste, incontri, assemblee, decisioni e dove tutti hanno diritto di esprimersi. C’è anche la scuola, dove viene insegnata la lingua indigena Kokama, e il portoghese; poi i segni rituali che determinano la tua identità e le tue caratteristiche, tipo i segni della donna sposata, o non sposata, del guerriero…non è tutta poesia, perché il caxique ci ha anche raccontato le difficoltà che hanno incontrato con persone che volevano creare divisioni dentro la comunità. 

Partito da Santo Antonio sono arrivato a Manaus da don Paolo Cugini, bairro Compensa, periferia di questa capitale di 2.200.000 abitanti, dove la droga e la violenza sono di casa e determinano la vita di tante persone. Realtà decisamente differente, dove anche la vita delle comunità è strutturata, dove l’impegno dei laici è ben visibile; anche qui non tutto è poesia, ma si percepisce come chi ha lavorato prima (gesuiti) ha cercato di formare laici impegnati e responsabili. Ho avuto anche il tempo di andare con don Paolo alla Facoltà Teologica, dove oltre ai seminaristi, partecipano ai corsi anche tanti laici. L’insegnamento per don Paolo è certamente la priorità e con certezza ha le capacità di fare questo, e mi sembra che sia ben inserito e apprezzato dagli studenti, al di là delle urla che a volte si sentono dentro e fuori dalla sala di aula…kkkk
Concludo con un sogno, o meglio, un desiderio, quello di potere visitarci alcune volte all’anno, tra quelli che vivono a Santo Antonio, con don Paolo Cugini in Manaus e noi della Bahia, per sentirci sempre più chiesa diocesana in questa bella terra brasiliana, con le sua diversità, le sue sfide e per condividere la vita. Se Deus quiser, isso vai acontecer. 
Daqui a pouco vai começar a Campanha da Fraternidade 2025 que vai enfrentar o tema: “Fraternidade e Ecologia Inegral” e como lema: “Deus viu que tudo era muito bom” (Gn 1,31). O Objetivo Geral è:  “Promover, em espirito quaresmal e em tempos de urgente crise socioambiental, um processo de conversão integral, ouvindo o grito dos pobres e da Terra”. Vamos continuar defendendo a Casa Comun e que todos possam fazer passos concretos porque isso possa acontecer. Bom caminho quaresmal e que este tempo possa ser um tempo de conversão e mudança de vida. Um abraço fraterno e até a próxima, pe. Luís irmão da Caridade e vosso irmão.



lunedì 3 febbraio 2025

DON GIBELLINI: DALLA BAHIA IN VISITA ALL'AMAZZONIA

 



Santo Antonio do Iça, 3 de fevereiro 2025

Luigi Gibellini

Ciao a tutti,

vi scrivo dall’Amazzonia, dove sono venuto per visitare la missione Reggiano-Guastallese, composta adesso da don Gabriele Carlotti e don Paolo Bizzocchi arrivato a novembre 2024; sono arrivato il 18 gennaio e mi fermerò qui con loro fino al 18 febbraio; poi prenderò la barca per arrivare a Tabatinga e di là in aereo per raggiungere Manaus dove mi fermerò alcuni giorni con don Paolo Cugini, prete Reggiano-Guastallese che insegna alla Facoltà Teologia Cattolica ed è parroco di una parrocchia situata in un bairro molto povero e violento a causa del traffico della droga che si chiama “Compensa”. Rientrerò in Bahia il 23 di febbraio.

Il motivo per cui abbiamo pensato questa visita, insieme con don Gabriele, le sorelle e i volontari italiani in Bahia, al CMD e alla Congregazione Mariana delle Case della Carità,  è stato il dare un appoggio per l’inserimento di don Paolo, perché lui possa avere il tempo necessario per studiare il portoghese, capire come inserirsi in questa nuova realtà e non rischiare di buttarsi subito nel servizio pastorale. Sono arrivato il 18 gennaio dopo un viaggio di lanche (una barca veloce) di 29 ore, partendo da Manaus dove mi ero fermato un giorno ospitato da don Paolo Cugini che vive là da 2 anni, (ed insegna alla Facoltà Teologica Cattolica, vedi sopra) .

La realtà di Santo Antonio do Iça è decisamente differente dalla realtà baiana dove vivo, e dove, a differenza di qua, l’acqua è decisamente un bene prezioso e raro, mentre in Amazzonia non manca, anzi è super abbondante, sia quella che si incontra nel fiume (rio Solimões e rio Iça) che quella che cade abbondantemente quasi tutti i giorni dal cielo. La foresta, il verde, l’esuberanza della natura, la bellezza del fiume,  impressiona e ti mette decisamente in difficoltà nel vedere come sei piccolo a confronto con la grandezza che ti circonda; i volti e le diverse tribù, con la loro lingua e con le diverse tradizioni ti richiamano a un mondo che sembra scomparso, ma che qua è ben visibile e toccabile. Sono stato con don Gabriele in visita ad alcune comunità riberinhe (che vivono sulle rive del fiume Iça) e impressiona il vedere come le case sono costruite sulle palafitte per difendersi dalle acque del fiume, che quando cresce arriva alle porte delle case, e vedere come la gente  vive di quello che riesce a coltivare e pescare e quello che la foresta offre gratuitamente; è uno stile di vita che ti riporta un poco indietro nel tempo e ti affascina, e nello stesso tempo ti provoca. 



Poi, non è tutta poesia, ma la realtà è anche composta da tante povertà: umane, sociali, economiche, strutturali ed ecclesiali. All’interno del continente Brasile, anche l’Amazzonia riflette in tutte le sue sfaccettature, le ricchezze e le povertà, le cose positive e quelle negative, i sogni e le delusioni…i problemi della corruzione, della politica come luogo di potere, lo sfruttamento esagerato senza nessun controllo delle risorse e il cambiamento di chiesa, affettano anche la realtà Amazzonica. 

Di fronte a tutto questo, parlando con Gabriele e Paolo, mi chiedo e gli ho chiesto, che tipo di presenza dobbiamo essere adesso dentro questo contesto sociale e dentro questa chiesa?  E’ una domanda da 10.000 punti, ma che è necessaria per non perdere di vista l’orizzonte di una missione che deve aiutarci a rinnovarci e lanciare le “reti in acque profonde…” come ha ricordato don Paolo Bizzocchi nella sua ultima lettera, dopo la settimana di ritiro spirituale com i preti della Diocesi di Alto Solimões. 



Mi sembra di potere dire che una delle risposte possibili sia quella di “una presenza, di una prossimità, di esserci, tentando di camminare con una chiesa che sta cambiando ma che nello stesso tempo, forse, e questo non è una pretesa, ripeto forse, ha bisogno di sentire e vedere anche altri modi di essere chiesa, come dice papa Francesco, “essere chiesa povera per i poveri”, incontrando tante repulsioni e tanti contrasti: ci sono ancora, grazie a Dio,  profeti e profetesse nelle Americhe, profeti come padre Julio Lancelotti che è voce di tanti poveri, marginalizzati, che difende coloro che sono discriminati e ritenuti pericolosi, come il “popolo di strada o gli abitanti di Cracolandia (quartiere di San Paolo dove c’è il maggior traffico di Crak)”, dei prigionieri e dei torturati, ancora oggi, nelle carceri brasiliane, e che annuncia un vangelo che è scomodo e che non si conforma con l’andazzo di oggi;  e profetesse come la Pastora americana Mariann Edgar Budde,  vescova episcopale della capitale Usa. Nel suo discorso, la vescova ha rimproverato il nuovo leader per i decreti da lui firmati contro le persone LGBTQ+ e i migranti. "Le chiedo pietà, signor Presidente. Ci sono bambini gay, lesbiche e transgender nelle famiglie democratiche, repubblicane e indipendenti". In America ''si avverte in tutto il Paese'' un senso di paura e ha difeso i lavoratori stranieri che "potrebbero non essere cittadini o non avere documentazione adeguata (...) ma che la stragrande maggioranza dei migranti non sono criminali".  La difesa dell’uomo e della donna, qualsiasi esso sia, deve essere sempre una priorità della chiesa e di ogni governo. Come tutti i profeti/tesse, non hanno vita facile, sono voci scomode e spesso sono attaccati dai potenti e infelicemente anche dalla stessa chiesa. 



Continuiamo a credere che la chiesa o è missionaria o non è chiesa, o che continua ad essere profetica o diventa una voce qualunque e banale, e che quello che identifica profondamente l’essere umano e l’essere cristiano è l’amore. Finisco con una frase dell’enciclica di papa Francesco “Delixit nos” al numero 21:“  Il nucleo di ogni essere umano, il suo centro più intimo, non è il nucleo dell’anima ma dell’intera persona nella sua identità unica, che è di anima e corpo. Tutto è unificato nel cuore, che può essere la sede dell’amore con tutte le sue componenti spirituali, psichiche e anche fisiche. In definitiva, se in esso regna l’amore, la persona raggiunge la propria identità in modo pieno e luminoso, perché ogni essere umano è stato creato anzitutto per l’amore, è fatto nelle sue fibre più profonde per amare ed essere amato”.

Um abraço a todos e espero que este Ano Santo da Esperança possa encher os nossos corações de gratidão e que cada um de nós possa se tornar anunciador de esperança nos lugares onde a esperança acabou ou está acabando.  Atè breve, pe.Luis irmão da Caridade e vosso irmão.