lunedì 19 gennaio 2015

LA NOSTRA VITA QUI IN BRASILE






Carissimi,
 Vi volevo ringraziare per la vicinanza, l’affetto e il sostegno che mi avete dimostrato in questi mesi.
Innanzitutto vi vorrei aggiornare circa la nostra vita qui in Brasile.
Vorrei specificare che esistono almeno 4 o 5 macroregioni del Brasile, caratterizzate da mentalità, cultura e tradizioni differenti: il Brasile è infatti un “continente” grande 2 volte l’Europa. Quando parlo di Brasile intendo sempre la regione di Nordest ed in particolare lo stato di Bahia, dove è situata la diocesi di Ruy Barbosa, in cui ora ci troviamo.  Solo per avere alcuni semplici parametri, lo stato di Bahia è grande quanto la Francia e la diocesi di Ruy Barbosa ha un’estensione pari a quella dell’Emilia Romagna.
Insieme a don Gabriele eravamo partiti con l’intenzione di una condivisione totale della vita sacerdotale e dell’attività pastorale.  Come già avevamo intuito, prima di partire, abbiamo dovuto in parte rivedere questo progetto iniziale a causa delle dimensioni delle parrocchie di Ipirà e Pintadas: 4000 km2 di territorio, 120 comunità e circa 72 mila abitanti. Per il momento io risiedo in Pintadas e don Gabriele in Ipirà, dove lo raggiungo due giorni la settimana, per poter vivere insieme e condividere la vita sacerdotale e pastorale. Questo ci serve per iniziare a conoscere almeno inizialmente alcune persone, la struttura e le dinamiche della chiesa locale, della cultura e del tessuto sociale. Don Gabriele si trova di fronte ad una parrocchia immensa, con 61 mila persone, 90 comunità ed un territorio di 3600 km2 – più grande della diocesi di Reggio Emilia! - mentre la parrocchia di Pintadas è più piccola, con “solo” 11 mila abitanti, 35 comunità e 400 km2 di territorio. Le dimensioni contano – eccome se contano!!! - e ci è sembrato utile, almeno inizialmente, cercare di ridurre le distanze e i numeri. Le nostre capacità sono limitate e forse ci risulta più semplice e facile se ognuno di noi si concentra maggiormente su di una parrocchia, anche solamente per iniziare ad imparare alcuni nomi. Vi assicuro che imparare i nomi è per me un’impresa! A volte devo chiedere il nome almeno 4 o 5 volte – con scene comiche e ridicole - perché risultano difficili da comprendere. Come dice un proverbio africano, se devi iniziare a mangiare un elefante inizia da una gamba!! Restano comunque importantissimi i due giorni di vita insieme e, per quanto possibile, cerchiamo di condividere alcune attività pastorali nelle due parrocchie. Molto importante è anche l’aiuto che stiamo ricevendo dagli altri missionari reggiani presenti qui in Bahia e fondamentale rimane il legame con loro.
 Don Gabriele ed io ci siamo trovati subito inseriti nella vita pastorale delle due parrocchie, non essendo più presenti i preti reggiani che abbiamo sostituito, don Marco e don Paolo. Le due parrocchie di Pintadas e Ipirà sono ben strutturate, con un cammino consolidato ed una presenza dei missionari reggiani molto importante in entrambe le parrocchie ed ininterrotta in Ipirà, in questi ultimi 50 anni. Don Gabriele è già in grado di presiedere la celebrazione eucaristica in modo autonomo e di confessare, avendo precedentemente vissuto qui un‘esperienza di tre mesi. Il diacono Genival e le suore, presenti nelle parrocchie, ci stanno aiutando molto e le comunità stanno accompagnando e portando il peso del nostro inserimento. Come tutte le persone che hanno vissuto un’esperienza missionaria in Brasile ci hanno più volte ripetuto a Reggio, non dobbiamo preoccuparci, perché le comunità sono abituate a camminare in modo autonomo e senza prete.  Sicuramente sarebbe stato meglio vivere almeno un anno con don Marco o don Paolo, che hanno lasciato un segno molto bello e hanno un’esperienza grande. Penso sia importante questo passaggio, ma non si è potuto verificare, in parte per costrizione – dato che don Gabriele doveva terminare il suo incarico di rettore – ed in parte per scelta volontaria, dal momento che ho dato la mia disponibilità alla missione a condizione di trascorrere un anno in terra santa. Non mi pento della scelta fatta, anzi sono convinto che sia stato un anno di ottima preparazione.
Per quanto riguarda la mia vita a Pintadas, ho fatto in questo mese parecchi lavoretti manuali nella casa parrocchiale, aiutato da diverse persone della comunità. Piove infatti dentro la casa – anche se la pioggia è qui un evento non frequente - ho dovuto risistemare diverse cose e si convive con i più svariati tipi di animali, tra cui i topi. Per quanto riguarda il cibo, a mezzogiorno pranzo dalle famiglie, mentre a cena mi gusto frutta squisita e succhi prelibati in canonica: vi posso assicurare che la frutta è davvero speciale!! La cosa che più mi manca è l’acqua ed in particolare l’acqua gasata, per il resto sto gustando il cibo locale e non ho avuto problemi intestinali. Nonostante le dimensioni della parrocchia c’è il tempo per fare un po’ di spesa e per lavarsi gli indumenti. E’ un vero e proprio spasso!! Una mezza mattinata alla settimana la dedico al lavaggio degli indumenti, che avviene come facevano una volta le nostre donne. Si riempiono 3 secchi con l’acqua piovana, che viene raccolta nelle cisterne, e poi si eseguono diversi lavaggi e risciacqui prima di stendere gli indumenti. Penso che tutto questo non sia tempo perso, ma che sia già attività pastorale e che sia apprezzato dalla gente, avvicinandomi maggiormente alla loro vita, anche se vivo in condizioni privilegiate rispetto a gran parte di loro.
Per il resto ho già iniziato a raggiungere le diverse comunità per l’eucaristia, accompagnato da un laico che conosce la strada, fa l’omelia e mi aiuta a conoscere le persone. Con i ministri dell’eucaristia ho iniziato a visitare gli ammalati, ed infine sto cercando di conoscere i quartieri più popolari, dove si concentrano maggiormente la povertà, lo sfruttamento dei minori, l’uso di droga e la violenza. In ogni attività mi faccio aiutare ed accompagnare da un laico. Ho già celebrato tre matrimoni, sempre assistito e accompagnato da alcuni laici. Questo accompagnamento è fondamentale ed è una vera e propria scuola in cui mi ritrovo a fare l’alunno.
Prima di condividere con voi alcune prime rapidi impressioni, vorrei presentarvi un bel progetto che don Marco ha avviato nella parrocchia di Ipirà. Si chiama “Dançar e Vida” e coinvolge circa 120 bambini e adolescenti. Si tratta di due piccoli oratori che don Marco ha fatto costruire nei quartieri della città di Ipirà più popolari, poveri e con maggior problemi di droga e violenza. Questo progetto ha strappato dalla strada tanti bambini. Esso può sussistere grazie al ricevimento delle offerte che vengono dalla nostra diocesi, permettendo a 4 operatori qualificati della parrocchia di lavorare in modo continuativo e stipendiati. Accanto a questo progetto ne esiste un altro che si è concretizzato nella realizzazione di una biblioteca parrocchiale, sempre in Ipirà. Iniziato da don Piero Medici, anche esso può continuare a vivere grazie alle offerte, provenienti da Reggio, che permettono di stipendiare in modo stabile un bibliotecario. Data la quasi totale assenza di un qualunque negozio di libri in tutta la diocesi e data la presenza di alfabetizzazione, anche questo progetto è molto importante ed ha la sua rilevanza sociale ed educativa. In entrambi i casi - biblioteca ed oratorio – è sempre più importante che questi progetti diventino realtà che riescono a stare in piedi in modo autonomo e senza aiuti esterni. Gian Luca Guidetti, originario della parrocchia di Regina Pacis ed economo della diocesi di Ruy Barbosa, sta studiando quale veste giuridica dare a queste realtà, perché diventi possibile chiedere finanziamenti locali. Per il momento l’aiuto proveniente dall’Italia è ancora indispensabile! Un salario minimo mensile ammonta a circa 330 euro ed è possibile rivolgersi al Centro Missionario Diocesano per devolvere le offerte, se qualcuno pensa di sostenere questi due progetti. Le offerte possono essere deducibili.
Altre due realtà veramente belle che ho incontrato nelle due parrocchie di Ipirà e Pintadas sono quelle della pastorale familiare e del “Terzo dos homens”. Per quanto riguarda la prima, la conferenza episcopale brasiliana ha impostato un cammino di formazione in tre tappe, della durata di diversi anni, che ha coinvolto diverse centinaia di famiglie nelle nostre parrocchie. Il cammino si chiama ECC, è stato impiantato e accompagnato da don Marco e don Paolo, permette una solida formazione spirituale, riattiva la coscienza e il protagonismo della famiglia, piccola chiesa domestica, ha una sua dinamica missionaria di coinvolgimento di nuove famiglie ed e ha come sbocco l’impegno attivo delle famiglie nell’attività pastorale della parrocchia. E’ una vera e propria grazia di Dio, così come il “Terzo dos homens”, altra bella realtà brasiliana, impiantata in Ipirà e Pintadas sempre da don Marco e don Paolo. Non è altro che il rosario degli uomini che ogni martedì sera alle 19 si svolge nelle diverse comunità delle parrocchie. E’ impressionante entrare a quell’ora nella chiesa parrocchiale e vedere centinaia di uomini che recitano il rosario con una loro maglietta caratteristica. Grazie ad esso, tanti uomini si sono riavvicinati alla fede e sono diminuite, in molti casi, l’aggressività e la violenza maschile nei confronti della donna.  Questo aspetto è ancora significativo nella cultura brasiliana!
Desidero ora condividere con voi alcune prime impressioni dopo il primo mese in missione!
1)      Innanzitutto un senso di grande gratitudine e riconoscenza per la nostra chiesa e la sua storia missionaria. Vi posso assicurare che arrivando si percepisce immediatamente quanto i nostri sacerdoti e la nostra Chiesa abbiano veramente aiutato questa Chiesa di Ruy Barbosa a camminare. Grande e profondo è il segno lasciato dai missionari reggiani ed in particolare da don Riccardo e don Paolo. Rimango spesso piacevolmente impressionato nel constatare quanto abbiano fatto fruttificare la Parola di Dio
2)      Una seconda impressione è quella di rivedere un senso di pessimismo e lamentela, quasi ingiustificato, che si respira talvolta nella nostra chiesa europea ed italiana. La diocesi di Ruy Barbosa ha circa 430 mila abitanti - quella di Reggio Emilia/Guastalla 550 mila – ha un’estensione pari a quella dell’Emilia Romagna, conta 22 preti, 1 diacono, circa 60 religiose e religiosi e 4 seminaristi. Molti laici e leader di comunità sono persone quasi analfabete. Nonostante le tante difficoltà e problematiche si respira un’aria di gioia, di speranza e di missionarietà. Ora la nostra diocesi di Reggio Emilia/Guastalla - appena più grande in termini numerici a quella di Ruy Barbosa, ma ben più piccola in termini di dimensione territoriale – conta circa 280 preti, 102 diaconi, alcune centinaia di religiosi e religiose, tantissimi laici ben formati e preparati!! Perché questo senso di pessimismo quasi ingiustificato? La nostra Chiesa che è in Reggio Emilia/Guastalla ha una ricchezza enorme!! Non è che abbiamo ricevuto 10 talenti e li stiamo sotterrando per paura? Di che cosa ci dobbiamo lamentare e perché? Perché continuiamo a pensare ai preti in calo e alle case religiose che si svuotano, quando ancora esiste un numero notevole di vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa? Perché continuiamo a dire che mancano laici preparati e formati, quando invece sono un esercito? Perché, invece, non ci stupiamo dell’abbondanza di cui la nostra Chiesa ancora gode e non proviamo a pensare come fare fruttificare questa ricchezza straordinaria? Non mi si dica che le chiese cattoliche in Ruy Barbosa sono piene e in Italia vuote, perché non è assolutamente vero. Penso che le percentuali di frequenza siano più o meno uguali! Non mi si dica che in Italia ci sono più problemi con la pastorale giovanile, perché sono gli stessi problemi che la Chiesa in Ruy Barbosa deve affrontare, anzi in molti casi ancora maggiori per quanto riguarda le distanze, la violenza, la droga e lo sfruttamento di minori! La Chiesa in Ruy Barbosa è giovanissima, mentre la Chiesa in Reggio Emilia ha una tradizione, un’esperienza ed una storia ricchissima e millenaria! Non è che il papa Francesco abbia centrato un punto nodale, richiamandoci continuamente ad una conversione alla gioia? Ripensando alla nostra Chiesa che è in Reggio Emilia/Guastalla mi vien da dire che basterebbe poco per fare fruttificare la grande ricchezza di cui gode, ma quanto è difficile fare anche solo un piccolo passo! In fondo questa è la storia di ciascuno di noi. Quanti piccoli passi potremmo fare nel nostro cammino di fede e quanta fatica per farli. Non è forse vero che ognuno di noi facilmente potrebbe scrivere un quaderno per elencare difetti, peccati, resistenze e cose che non vanno nella propria vita, mentre fatica anche solo a scrivere tre qualità, o capacità o doni che ha ricevuto e che potrebbe mettere a frutto per gli altri? Perché questo atteggiamento?
3)      Una terza impressione che vorrei condividere con voi è il senso di semplicità e di partecipazione che si respira nelle parrocchie di Ipirà e Pintadas, in particolar modo nella liturgia. La partecipazione attiva del popolo di Dio nella liturgia è uno degli aspetti cardine del Concilio Vaticano II. Ebbene, penso che questo aspetto sia stato ben recepito dalla Chiesa brasiliana e forse favorito dalla sua cultura e dai suoi costumi. E’ veramente bello vedere il desiderio della gente comune di partecipare all’azione liturgica. Lo esprime nel canto, nei gesti, nel portare l’offerta all’altare, nell’intronizzazione della parola di Dio, nel rispondere attivamente a una domanda che il presidente della liturgia pone all’assemblea – colpisce vedere centinaia di persone che rispondono ad una domanda che viene loro posta durante una omelia, per esempio – nelle brevi acclamazioni dell’assemblea durante la preghiera liturgica e nel valorizzare durante la liturgia i diversi ministeri. Ho capito che bisogna essere estremamente semplici nel parlare ed il popolo di Dio ama ripetere ad alta voce alcuni versetti biblici, anche per interiorizzarli. Tutto questo avviene con molta semplicità. I matrimoni che ho celebrato, ad esempio, sono molto semplici: gli sposi vengono alla chiesa con vestiti ordinari festivi, accompagnati da alcuni parenti e amici, il rito dura circa una mezzoretta senza alcun tipo di fiori o addobbi ed infine si ritorna a casa, talvolta con una piccola festicciola familiare. E’ vero che non mancano le esagerazioni in senso opposto, con celebrazioni quasi faraoniche e grandiose, ma questo fa parte della vita e delle contraddizioni del Brasile. Penso anche che un nostro compito - ed una conversione che ci è richiesta - sia quello di accompagnare questa partecipazione del popolo di Dio, senza insistere troppo solo sull’aspetto emotivo e cercando di favorire alcuni momenti di silenzio nelle celebrazioni.
Non so se la conclusione che sto per fare sia affrettata, ma penso che questa partecipazione e semplicità siano state favorite non solo dalla viva intelligenza emotiva del popolo brasiliano, ma anche dalla scelta preferenziale per i poveri che la Chiesa brasiliana ha fatto come sua modalità propria di recezione del Concilio Vaticano II. Da essa è nato anche il fermento delle comunità di base. E’ vero che anche questa scelta sta conoscendo ora nuove modalità, sta affrontando difficoltà, contraddizioni e problematiche nuove, ma ha comunque dato un suo impulso che in alcune forme continua a permanere. Ora è forte in tutto il Brasile l’impulso dei movimenti carismatici.
4)      Una delle sfide maggiori che vedo attualmente nella chiesa che è in Ruy Barbosa è quella della pastorale giovanile. Se la società attuale nelle nostre due parrocchie per molti aspetti assomiglia ancora alla nostra società italiana di 60 anni fa, da un altro lato conosce tutte le contraddizioni e le difficoltà della nostra società europea. Internet, i mezzi di comunicazione e il nostro stile di vita occidentale stanno avendo un impatto forte, quasi privo di filtri. L’analfabetismo è ancora presente e la formazione scolastica è carente. Al di là del carisma personale di alcuni preti, o suore o laici, vedo che è difficile impostare cammini ordinari e stabili di pastorale giovanile. L’emigrazione per cercare lavoro, la diffusione del consumo di droga ed alcool, l’estrema povertà, la violenza con altissimi tassi di omicidi e rapina, il degrado e lo sfruttamento minorile sono tutti fattori che acuiscono questa difficoltà. Penso sia una sfida che richieda tempo, discernimento, pazienza, capacità di seminare come fa il contadino nella parabola della Vangelo.
5)      Un’ultima considerazione sulla mia vita personale. Sono arrivato all’inizio del tempo di avvento e questo mi ha fatto riflettere sul mistero del Natale, sul mistero di Dio che è bambino, che vive la povertà di un bambino bisognoso in tutto delle cure materne e paterne. La nostra condizione materiale – di don Gabriele e mia - non è di povertà, ma sicuramente questo cammino intrapreso ci ha fatto entrare in un aspetto di questa povertà di Dio che è bambino e deve imparare a vivere da uomo. Don Gabriele ed io siamo poveri di conoscenza della lingua, dei costumi e della cultura locale, non conosciamo il tessuto sociale profondo. Tutti quegli aspetti del ministero sacerdotale, che in Italia possiamo vivere con una certa capacità ed esperienza, vengono a mancare e li devi riapprendere da capo, come un bimbo che inizia ad andare a scuola. Hai bisogno di essere accompagnato, di chiedere aiuto in quasi tutto, anche negli aspetti più semplici della vita quotidiana. L’assenza di un missionario esperto, che ci accompagni quotidianamente, non fa che accentuare questa dimensione. E’ una vera e propria “rinascita”, che se da un lato presenta le sue difficoltà, dall’altro è veramente una grazia profonda. Devo entrare nella vita degli altri in punta di piedi, ho poco da insegnare e molto da apprendere! Penso alla vita quotidiana di Gesù che per circa trenta anni ha vissuto a Nazaret, imparando a vivere da uomo, ad incarnarsi sempre più nella vita umana. Penso a tanti episodi della vita pubblica di Gesù, nei quali si mostra bisognoso o incontra il suo prossimo chiedendo che cosa desidera: un episodio emblematico su tutti è quello dell’incontro con la samaritana! In questo cammino mi accorgo di non essere solo, ma sono accompagnato con molta premura dal Signore, dalla Chiesa e dalle parrocchie che ci hanno accolto, dagli altri missionari reggiani qui operanti, dalla nostra Chiesa di Reggio, dalle parrocchie di Rivalta e Regina Pacis, dal Centro Missionario, da tanti sacerdoti, dalla famiglia e dai parenti e da tantissimi amici, che mi mostrano la loro vicinanza ed il loro aiuto!! Sono per me come una mamma ed un papà che aiutano il loro figlio a crescere!! Penso che non basti un vita per incarnarsi in questa nuova chiesa e cultura, ma comunque questo cammino è l’occasione per entrare nello stile di Gesù, senza rinunciare alle proprie responsabilità e ai propri compiti. E’ bello vedere la reazione dapprima quasi intimorita della gente che deve insegnare al parroco, ma ciò diventa poi motivo di dialogo, comunione e gioia. Questa povertà di aver bisogno dell’altro, di dover chiedere aiuto – se ben vissuta - è un ponte bellissimo per creare e vivere la comunione: penso sia il segreto della comunione! Se il Natale non solo è redenzione e salvezza, ma anche rivelazione, penso che questa povertà ed umiltà faccia parte del cuore di Dio e renda possibile quella comunione di vita straordinaria che alberga nel cuore di Dio e della divina famiglia formata dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo. Mi sento in questo destinatario di un grande dono, ma non posso fare a meno di pensare alle tante persone che improvvisamente o per costrizione si trovano a dover fare un cammino nel quale ripartire da capo: penso a tanti ammalati o a tanti giovani immigrati, che per necessità sono spinti a lasciare il loro paese e si ritrovano in nuovo paese senza punti di appoggio e riferimenti precisi, spesso in condizione di disagio e solitudine!! A loro dedichiamo la nostra preghiera ed attenzione di Natale, perché anche a loro possa arrivare l’annuncio di un Dio che si prende cura di loro, di un Figlio di Dio che si fa loro fratello e di uno Spirito di Dio che dà loro nutrimento e vita!
Per il momento sono accompagnato dalla pace e dalla gioia del cuore che percepisco come un dono gande di Dio!
Ancora a tutti Buon Natale e un ringraziamento profondo e sentito!!!
21 dicembre, 2014
P.S. Sono prime riflessioni e impressioni, forse da rivedere, approfondire – sicuramente parziali dato il poco tempo della mia permanenza – sicuramente don Riccardo e don Paolo possono essere più esaustivi e completi