Carissimi e carissime,
Finalmente vi
scrivo! Sono passati molti mesi dalla mia ultima corrispondenza. Non che di
cose non ne siano successe, ma ci riempiamo sempre le giornate di tanti impegni
che ci fanno credere che le cose da fare siano più importanti di tutto.
Inizio così, con
questa introduzione spontanea, come il resto di questa lettera...che non sarà
breve. Cercherò di non stancarvi con le mie molteplici riflessioni e
affermazioni, ma ve lo devo questo spazio soprattutto dopo il silenzio e poi serve
anche a me, più che per sfogarmi per confrontarmi e imparare da chi ha fatto
sua la sempre valida e vera affermazione di papa Paolo VI:” Il mondo non ha
bisogno di maestri, ma di testimoni”. Voi, come missionari e
missionarie del Vangelo nelle vostre terre siete per noi sostegno nel cammino.
Finisco la mia
introduzione scusandomi se non troverete soluzioni di continuità negli
argomenti che vi proporrò. Ho scelto di non guardare al testo ma a quello che
sento e che penso importante comunicarvi. Scritta in giorni diversi e con stati
d’animo differenti quello che mi preme è parteciparvi le mie ansie e le mie
speranze per la nostra comune Chiesa correndo il rischo di saltare di palo in
frasca o di dare qualche giudizio.
La Chiesa
Latinoamericana è una realtà che può non piacere a una parte di vescovi europei
e non solo europei. Il vescovo Ghizzoni, per esempio, non sopporta la teologia
della liberazione (secondo me non ha mai cercato di capirla) e da sempre
considera una chiesa di serie B quella Brasiliana – lo ha detto a me
personalmente). Io ho imparato a rispettarla con i suoi limiti e difetti e ad
apprezzarne le sue caratteristiche gioiose e i suoi lineamenti semplici. La
penso e la vivo come una Chiesa povera (la Conferenza Episcopale Brasiliana è
la più numerosa del mondo ma non possiede neanche 1/5 delle risorse di quella
Italiana) e lo dico con le parole del cadinale Aloísio Lorscheider. Lui
sintetizzava così la fotografia della Chiesa conciliare: “Il Vaticano II ci
fa passare da una Chiesa Istitizione o una Chiesa società-perfetta a una
Chiesa-cominità, inserita nel mondo a servizio del Regno di Dio; da una
Chiesa-potere a una Chiesa povera, spoglia, pellegrina; da una Chiesa-autorità
a una Chiesa serva, che serve, ministeriale; da una Chiesa piramidale a una
Chiesa popolo; da una Chiesa pura e senza macchie a una Chiesa santa e
peccatrice, sempre bisognosa di conversione e riforme; da una
Chiesa-cristianità a una Chiesa-missione, una Chiesa tutta missinaria”. Accanto a
lui anche il cardinale Geraldo Majella Agnelo, vescovo emerito di
Salvador/Bahia che dice: “Nel
Vaticano II incontriamo l’indispensabile per l’attualizzazione e la
rinnovazione della Chiesa. Tuttavia nessun beneficio il Concilio porterebbe
alla Chiesa e all’umanità se tutto quello che è stato prodotto rimanesse
intoccabile e rigorosamente rinchiuso negli archivi ecclesiastici. I documenti
del Vaticano II esigono studio e pratica, comprensione e iniziativa, non solo
della gerarchia ecclesiastica ma anche da tutti i cristiani. Le sue proposte
valgono non solo per i dirigenti, ma per il più anonimo seguace di Gesù, perchè
tutti siamo Chiesa” Parole che nascono in questo
contesto di Chiesa imbevuto e trasformato dalle Conferenze di Rio de Janeiro,
Puebla, Medellin, Santo Domingo e Aparecida e permeato dalla scelta preferenziale
per i poveri.
Ma non solo qui
possiamo ascoltare voci profetiche. Vicino alla morte il Cardinale Maria
Martini fa una sintesi sulla paura della Chiesa cattolica e la sua arretratezza
di 200 anni. Mi trova pienamente d’accordo (il cardinal Ruini non sarebbe di
questo parere) la riflessioe di Martini. Potete leggerla sul sito del Corriere
della Sera – Addio a Martini – del 02.09.2012. È molto realista.
Tutti siamo
Chiesa. È un’affermazione che porta con se tutta la storia sofferta delle
realtà, teologiche e pastorali, che hanno contraddistinto questa parte del
mondo: Teologia della Liberazione
(che dopo le bastonate del Vaticano si è adattata ad una Teologia dell’Ecologia
e del Creato), Comunitá Eccleciali di
Base (le CEBs volendolo o no sono ancora oggi l’’anima di questa Chiesa
latinoamericana), terra di missione
(il Vangelo è arrivato in questi luoghi non come una buona notizia, una Parola
di liberazione, ma una imposizione che non ha tenuto conto delle cultura
esistenti, soprattutto indigena. I sacramenti obbligatori per salvarsi, il genocidio
degli indigeni locali, la assurda tratta dei negri protetta e appoggiata dalla
Chiesa ufficiale).
I poveri. Nonostante
che qui la povertà continui ad essere presente nelle varie sfaccettature della
vita quotidiana, questa Chiesa ha bisogno di camminare per arrivare a leggere
la sua storia alla luce dei poveri. In tante circostanze il povero che troviamo
qui risponde più a una definizione sociologica o assomiglia a un bisognoso. Il
concetto di povero che la Scrittura ci offre (anawim è la parola per tradurre questo concetto) deve fare i conti
con tante povetà che assomigliano a quelle del mondo moderno: indifferentismo,
relativismo etico, morale e religioso, indivudualismo e la non necessità di
Dio. La globalizzazione (ma non insisto troppo contro questa parola per non
creare una moda – tutto viene imputato alla globalizzazione per liberarsi di
altri problemi) è presente anche in queste terre. Si fa sentire bene e mostra
spesso solo la parte negativa di se stessa.
....Le leture
della liturgia di oggi, solennità dell’Immacolata Concezione mi riportano alla
mente alcune scelte della Chiesa -gerarchia di questi ultimi anni. Il libro
della Genesi ci offre la scena del peccato originale e della caduta di Adamo ed
Eva. É risaputo oggi tra gli ambienti teologici che queste due figure non sono
mai esistite e che si tratta di un racconto simbolico. Altri personagi della Scrittura
Veterotestamentaria non sono reali, appena creazioni letterarie che ci servono
per riflettere sulla fede. Penso a Giobbe, a Qoelet, e ce ne sono altri. Ma non
è questo che volevo dire. Il peccato di Eva può apparire, agli occhi del
lettore, di maggior rilevanza di quello di Adamo. Come se Eva avese la maggior
colpa. In realtà Eva è stata sedotta dal satana-serpente ma verso Adamo non voleva
certo fargli del male. Se erano puri e non avevano paura di essere nudi sinfica
che si amavano della forma divina (prima del peccato). Per cui Eva da ad Adamo
il frutto per condividere qualcosa che le sembra buono. La Chiesa lungo i tempi
ha sempre colpevolizzato la donna più dell’uomo dandole l’immagine di
subalterna, di inferiore. Mi pare che questa interpretazione stia tretta al
testo bíblico. I due peccarono i due sono responsabili alla stessa maniera. Allora
perchè, nel corso dei tempi, la donna è sempre stata oggetto di svalutazioni da
parte della Chiesa. Lasciamo da parte Maria (che occupa un posto priviligiato
sin dalle origini). Ma Maia Maddalena, vista com l’immaine della prostituta,
della peccatrice; non è stata lei una discepola di Gesù in vita alla maniera
degli apostoli? Non è stata lei a far credere alle sue generazioni l’amore
infinito del Dio della vita che in Cristo le ha rivelato il perdono e la
redenzione? Non furono le donne a rimanere sotto la croce quando gli apostoli
(oggi papa e vescovi) se la filarono in fretta? E per ultimo perchè Gesù
avrebbe scelto delle donne per apparire in tutta la Sua gloria di Risorto. La
donna ha da molto tempo subito il potere gerarchico-religioso dell’uomo. Anche
oggi ne paga le conseguenze. La nuova traduzione dei testi sacri cancella la
parola “diaconessa” sostituendola con altre. Non sono convinto del sacerdozio
alle donne (qui molti lo sono), ma credo nel ministero ordinato di diaconesse
che potrebbe e dovrebbe esserci nella Chiesa. Chi più della "donna che ha
lavato i piedi al Maestro” e asciugati coi suoi capelli, in casa di Simone,
potrebbe intendere il senso del servizio tipico del Diacono. Ancora oggi la
Chiesa (ma io qui direi la gerarchia ecclesiastica) ha paura della donna. L’alto
e basso medio-evo hanno contribuito ad aumentare questa paura a causa di errori
e peccati commessi da preti, vescovi e anche papi. La storia ce lo dice. Da
molto tempo abbiamo dimenticato la “Chiesa
delle Origini”. Da un lato era una evoluzione necessaria dovuta al
mudare dei tempi, e alla Parusia che si faceva più “lonana” di quanto si
sperava, ma dall’altro è venuto meno, nella Chiesa, un “Sit em lebem” bem
chiaro alle origini; una divisione tra lo spirituale e il temporale che
permetteva di vivere nello stile di Atti 2 e Atti 4 dentro le proprie comunità
cristiane. Possiamo dare una data a questa separazione anche se dipende molto
dai punti di vista, che è quella del 315 quando la fede cristiana diventa
religione di stato per opera di
Costantino, adottando forme di governo della Chiesa dal sapore militare che
pongono in primo piano la gerachia e creano confusione nelle differenze tra
clero e laici. L’epoca medievale – tutta – ce lo ha testimoniato molto bene,
vescovi-guerrieri, crociate, potere spirituale che si fonde a quello temporale
spesso diventndone succube. Oggi, però, vedo forte il rischio di continuare
questo stato di cose che ci allontana sempre di più dalle prime comunità
cristiane.
Come e cosa
pensare della Chiesa Cattolica che da un lato, guidata dallo Spirito Santo, ci
offre uno degli strumenti più completi e profondi per la nostra fede: il
Concilio Vaticano II; e dall’altro lo rinnega con le sue selte per lo meno
strane se non stravaganti come il ripristinare la Messa in latino (la ricchezza
del rito Eucaisico nelle lingue locali...una benedizione arrivataci col
Vaticano II). Ho saputo che il vescovo Camisasca ha usato il latino nella
celebrazione della sua ordinazione. Un’offesa al Concilio!!! O il ritorno dei
Lefevriani senza le dovute e necessaie condizioni. La Lumen Gentium e la
Gaudium et Spes che come Cosituzioni, dogmatica e pastorale, insieme al decreto
Apostolicam Actuositatem hanno finalmente ridato ai laici quello che i secoli
avevano loro tolto, sembrano non essere oggeto di attenzione sia della
gerarchia ecclesiatica che dei parroci. Cosa fare? Obbedire, non c’è dubbio,
obbedire alla gerarchia non perchè è la gerachia, ma perchè lo ha detto il Signore
quando parlava dei faisei e dei dotori della legge: “Fate quello che dicono, ma non fate quello che fanno”. Vi
assicuro che non è facile fare quello che dicono. Un esempio forse banale, ma
che qui si vive sulla pelle tutti i giorni. Il ricco proprietaio terriero con
aree grandi come il Belgio, animali in quantità e conti bancari da far paura
può andare a Messa alla domenica, sedersi nei primi banchi e fare la comunione.
La donna della comunità di base, catechista da tanto tempo, lasciata dal marito
che la picchiava e si ubriacava spesso, con tre figli a carico trova un altro
compagno e non può più essere catechista ne comuicasrsi a Messa.... Mi fermo
qui, riconosco le mie fragilità e i miei peccati: non posso scagliare ne la
prima ne la decima pietra. E poi la seconda lettura (Efesini) ci invita e
mantenere alta la speranza in Cristo, capo della Chiesa, della nostra Chiesa
santa e peccatrice; ma sarebbe bello se la gerarchia un giorno non solo capisse
ma si comportasse sapendo che l’amore corre più forte delle legge nonostante ne
sia rispettoso e la lasci entrare per primo (pensate a Giovanni e Pietro che
corrono al sepolcro).
Torno dalla
Celebrazione Eucaristica presieduta dal vescovo André. Presieduta.....non celebrata.
Ecco la grande differenza che esiste ancora. É questa differenza, credo, che
non permette ai fedeli oggi di vivere in pieno il grande mistero della Messa.
Chi dice la Messa, chi celebra l’Eucarisia? Cosa risponderebbero la maggior
parte dei cristiani tanto li quanto qui: il prete. Sbagliato! Il sacerote
presiede non celebra. Senza il prete che presiede non c’è Eucarestia, ma anche
senza il popolo che celebra insieme al prete non c’è Eucaresia. Che assurdo che
ancora oggi il prete possa dire la Messa da solo. Non ha nessun senso anche se
teologicamene il sacerdote è popolo e ministro. Dunque se io sento dentro di me
che la Celebrazione Eucaristica acquista un senso con la mia partecipazione
attiva, se io celebro insieme al prete che presiede non sono più uno spettatore
che assiste rispondendo ogni tanto a memoria alle parti fisse (senza darle un
contenuto nella mia realtà concreta). La Eucarestia mi trasforma nella misura
in cui mi lascio trasformare da Lei: è più probabile che si abbia un effetto positivo
sentendosi coinvolti nei riti che assistindo passivamente. C’è un gesto molto
semplice che a me piace molto. Il nostro vescovo André vuole che i fedeli che
partecipano alla Eucarestia lo compiano sempre ed anche alcuni preti qui lo
stanno introducendo. Alla fine della Preghiera Eucaristica nel momento in cui il
sacerdote dice “Per Cristo con
Cristo e in Cristo....” Tutti i fedeli sono invitati ad alzare la mano destra
(come in segno di consacrazione) e rivolgerla verso l’altare pronunciado
insieme al presidente le parole di chiusura. Credo che la maggior parte dei
fedeli qui faccia questo gesto solo perchè glielo chiede il vescovo, ma a me da
l’effetto di usare del mio sacerdozio comune celebrando insieme al presidente.
La Chiesa
Brasiliana oggi. Dove siamo noi qui a Ruy Barbosa stiamo assistendo ad un
aumeno delle vocazioni sacerdotali. Avremo preti locali, li stiamo già avendo. Uno
sarà ordinato il 16 dicembre (quando il vescovo Massimo entrerà per servire
alla Chiesa di Reggio) altri nei prossimi anni. Questo segno positivo non spinge
più a un certo ricambio missionario per cui nel 2013 ritornerà definitivamente
don Paolo Cugini e nel 2014 don Marco Ferrari senza una forte preoccupazione di
sostituirli. Si aprono nuovi spazi missionari, o meglio, si affacciano al
nostro sguardo terre di missione molto più povere di Ruy Barbosa. Penso alla
Amazzonia, al Pernambuco, al Cearà, tutti stati del Brasile con situazioni
peggiori delle nostre sia pastoralmente che economicamente. In questo modo,
vescovo Massimo permettendo, si portà iniziare a concretizzare la missione in
Brasile in altre Diocesi. Sostengo questa tesi da anni. Già l’avevo esposta
quando il vescovo Adriano era venuto a visitarci. Continuo a farla rimanere
viva negli incontri di noi missionari reggiani. Il pericolo che vedo per il
missionario (ad Gentes) è quello di mettere le radici. Di fissare una tenda, di
stabilizzarsi e pian piano perdere l’entusiasmo della fede che contagia, che
rinnova, che ci fa abitare nella “speranza che non delude”. Siamo qui a Ruy
Barbosa da oltre 40 anni. Non entro nel merito delle vocazioni che abbiamo
aiutato a maturare perchè dovremmo incontrarci (o scontrarci) con gli stili
pastorali e teologici dei nostri preti precursori e attuali. Vado oltre, ma
sogno che si possa, presto, essere disposti a cambiare diocesi obbedendo al
Signore che chiama.
La nostra Chiesa
è bella. Un’altra affermazione che vi regalo con con alcune considerazioni. Qui
in Brasile sentiamo molto forte la presenza delle Chiese Evangeliche. Ce ne sono
di tutti i tipi. Da quelle serie e rispettose, in possibile dialogo con la
Ciesa cattolica (almeno su certe tematiche) con le quali è possibile un impegno
comune: fanno parte di questo gruppo la Chiesa Presbiteriana, Battista e
Luterana. Ci sono poi quelle nate dalle scissioni delle precedenti o da
ramificazioni come la Metodista, Calvinista, varie denominazioni Battiste che
vanno per loro conto, ma senza aizzarsi contro il cattolicesimo. Ci sono, alla
fine, le Chiese nate dai movimenti pentecostali, le più terribili. Sparano a
zero contro i cattolici e non si riesce nemmeno a stabilire un contatto o sono
rarissime le eccezioni: Assemblee di Dio, Chiesa del vangelo quadrangolare, Dio
è Amore, Chiesa Universale del Regno di Dio (il suo vescovo Edir Macedo ha un
patrimonio simile a quello di Berlusconi!!!). Ce l’hanno con la nostra Chiesa
cattolica. Comunque sia non ho trovato qui pienezza e bellezza nella liturgia,
servizio alla Parola di Dio, efficacia nei sacramenti al pari della Chiesa
cattolica.
La nostra
famiglia. Finisco questa lunga lettera con il raccontarvi un po’ di noi. I
figli crescono. Gabriel, 8 anni, rimane sempre iperattivo e comincia ad avere
comportamenti tipici di un amministratore. Anche se a volte non ha pazienza per
il risparmio e spende tutta la sua paghetta per poi arrabbiarsi con la sorella,
Giuliana, che invece, da due anni a questa parte, mette quasi tutto nel
salvadanaio..lo apre sotto Natale e si compra due o tre giocattoli...facendo
morire di invida Gabriel e Mikaelle. Con i suoi 6 anni, Giuliana è la più
intelligente dei tre. A volte conversando con lei mi sorprende la capacità di
intendere gli argomenti e ribattere ponendosi quasi allo stesso livello di un
adulto, dovreste sentirla parlare quando inzia le sue riflessioni filosofiche
sulla vita o sulla gravidanza o sulla condizione dei poveri nella società.
Mikaelle ha definitivamente scartato la possibilità di considerarmi come padre
adottivo. Non vuole punto e basta! Per cui per lei sono un adulto che vive con
sua madre e alcuni dei suoi fratelli. Ne ha altri sparsi per la Bahia che il padre
naturale ha solo messo al mondo. Sta entrando nella adolescenza...diventando
più ribelle ma soprattutto bugiarda. Questo suo atteggiamento fa andare in oca
Miraneide. I prossimi anni non saranno facili, perchè poi ci sarà da gestire le
relazioni tra i fratelli che inziano ad essere conflittuali (gelosie,
manipolazioni a favore o contro dipendendo dalle circostanze). Miraneide sta
passando un periodo di malessere fisico.Da tempo soffre dolori allo stomaco. Ha
fatto una endoscopia digestiva dove le hanno prelevato frammenti di tessuto per
essere analizzati. Avremo la risposta tra alcuni giorni. Io sono stanco
fisicamente. La schiena va bene fino al punto dell’operazione. In basso già è
apparsa un’altra ernia paramediana e due anelli stanno per rompersi. Ho passato
il mese di novembre solo lavorando al mattino. Andiamo avanti.
Finisco
augurandovi una buona preparazione per il Natale prossimo a riempire le nostre
storie di salvezza.
Ruy Barbosa, 12 di dicembre 2012
Gianluca
Amico e missionario laico