mercoledì 12 novembre 2025

LA COP E LA SICCITÁ DEL SERTÃO BAHIANO




Macajuba, 11 de novembro 2025

San Martino di Tours

 

            Ciao a tutti,

ieri è cominciato in Belem do Parà (Brasile), il COP30, su i cambiamenti climatici, e fu coniato una nuova parola per descrivere quello che sta succedendo con il nostro pianeta, la nostra casa comune,  che è ECOCIDIO, cioè il volere non ammettere e continuare a distruggere la creazione, ciò che Dio ci ha donato, come sta succedendo in Gaza, dove si parla di GENOCIDIO, cioè volere eliminare completamente il popolo palestinese. Sono due forme che esprimono il disprezzo per natura, l’Ecologia, e le persone umane.

La Conferenza delle Parti (COP) è l'organo decisionale della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC). La sua funzione è attuare gli impegni globali per combattere i cambiamenti climatici assunti dai paesi firmatari e ratificanti della Convenzione. Attualmente, 198 nazioni partecipano all'UNFCCC, rendendola uno dei più grandi organismi multilaterali delle Nazioni Unite (ONU).

La COP rappresenta il vertice globale sul clima, che si tiene ogni anno in un paese diverso. Funge anche da Riunione delle Parti del Protocollo di Kyoto (KP) e dell'Accordo di Parigi, il cui obiettivo principale è mitigare il riscaldamento globale e mantenere l'aumento della temperatura globale al di sotto dei 2 °C, con l'obiettivo di limitarlo a 1,5 °C. E’ necessario dire che gli Stati Uniti non hanno firmato, come anche il Canada e il Giappone.

Questa introduzione mi serve per potere descrivere adesso quello che sta accadendo nel nostro Sertão Baiano, dove sono mesi che non sta cadendo una goccia di acqua e dove la secca sta provocando morte di bestiame e non possibilità di cominciare a coltivare e seminare. Andando nelle comunità rurali, si capisce quanto la siccità provoca morte, la campagna è desolante, gli agricoltori stanno dando palma e mandacarù (la palma è una specie di fico d’india, ricco di acqua, e il mandacarù è il cactus tipico del Sertão) al bestiame che oltre non avere cibo non ha nemmeno acqua da bere.



Le strade sono impolverate, e percorrendole con la macchina non si riesce a evitare che la polvere possa entrare da tutte le parti, anche con i finestrini chiusi; sta aumentando il caldo e la situazione per la gente della campagna si fa difficile; passando si cominciano a sentire gli odori pesanti delle carcasse degli animali morti a causa della sete e della fame. Chi sta approfittando di tutto questo sono gli Urubù, specie di avvoltoi che si cibano di queste carcasse, e sono chiamati dalla gente “spazzini del cielo”.

Parlando con la gente del campo, soprattutto i più anziani, ricordano che nel passato si cominciava a “capinare” (cioè pulire il terreno con la enchada, la zappa) nel mese di ottobre perché le piogge cominciavano a cadere a partire dalla Festa di Tutti i Santi, e continuavano regolarmente; seminavano nella terra secca, nella polvere perché era certo che la pioggia arrivava; adesso si continua a capinare, si preparano i terreni, si puliscono i bacini di raccolta dell’acqua piovana, ma non si semina, non si pianta se non quando la pioggia cade, e cade per alcuni giorni, per avere la possibilità di potere poi raccogliere di quello che si è seminato. Questo è certamente un segnale di cambiamenti climatici, di come anche gli uomini non si fidano più nella Cultura del campo, delle tradizioni trasmesse dai vecchi, ma aspettano e che la natura si manifesti concretamente. Questo accadeva anche per la Festa di San Giuseppe, dove si seminava il miglio (qui è il granturco) di San Giovanni, che si mangia nelle feste Junine.



Anche le cisterne di raccolta di acqua piovana che sono state costruite nelle campagne sono secche, così come le cisterne di produzione sono ormai prive di acqua; mas proprio mentre sto scrivendo sento il ticchettio dell’acqua che batte sopra il tetto e la pioggia sta cadendo, non è una “trovoada” (pioggia forte), mas è un segnale di speranza.

Ci stiamo preparando anche all’Assemblea Diocesana di fine anno, che sarà di un giorno, e questo dice tante cose, ma non lamentiamoci sempre, proviamo a vivere questo momento come un momento sinodale, di riflessione non solo di ciò que è successo in questo anno pastorale, ma come cercheremo di proiettarci nel prossimo anno, con la speranza di potere realizzare in alcune Foranie, le Sante Missioni Popolari, visitando tutte le Comunità di ogni singola parrocchia, riconoscendo e accogliendo la piccolezza come un segnale evangelico, un segno che contrasta la mentalità di un mondo dove contano i numeri, il potere e l’essere in alto.

Stiamo finendo l’Anno Liturgico, e nelle varie comunità si stanno celebrando vari sacramenti, in modo particolare le Cresime di giovani e adulti e le prime comunioni de bimbi e adolescenti; sono momenti belli e gratificanti, anche se, come in Italia, per alcuni è un momento, ma non un impegno serio nella vita della Comunità e della chiesa.

Non ultimo come importanza ma come fine della scaletta delle cose che stanno accadendo e sono successe, è stata la visita della famiglia Marini, con Cristiano, Alda e Pietro il figlio più piccolo, che hanno passato con noi una quindicina di giorni, molto belli e sono stati anche giorni di condivisione e riflessioni, incontrando le varie situazioni che hanno visitato e visto; si sono trovati in casa, hanno detto la sera che ci siamo salutati, e ci hanno ringraziato per l’accoglienza. Hanno purtroppo avuto la sfortuna di non godersi gli ultimi giorni al mare, in Salvador, perché sono stati 3 giorni di pioggia intensa…non avevo mai visto una cosa del genere…

Bene, vi saluto e ci sentiamo al più presto…um abraço e atè breve, pe. Luis, irmão da Caridade e vosso irmão

domenica 9 novembre 2025

Viaggio in Brasile de don Sergio Gamberoni nuovo responsabile del CUM

 




 

Carissimi, condivido un riassunto del mio prossimo viaggio in Brasile.

 

Come vi accennavo sono della diocesi di Bergamo. 12 anni in Bolivia, a Cochabamba. Poi sei anni a Bergamo nella pastorale dei Migranti e Interculturale. ora, dal 1 giugno, direttore del CUM.

La ragione è il mio prossimo viaggio. Primo in Brasile come responsabile del CUM di Verona. In vista anche di collaborare in futuro alla formazione, lì e qui.

Ho il desiderio di visitarvi, seppur rapidamente, per avere una prima relazione personale con voi e un'idea dei luoghi in cui vivete la vostra missione.

Ringrazio fin d'ora dell'invito che mi avete fatto e spero di non essere di peso con la mia presenza e i miei spostamenti.

 

Arriverò a San Paolo il 2 dicembre alle 20.05 con volo LA 8073

 

Arriverò a Boa Vista il 3 dicembre alle 23.15 con volo LA 3710,

Ospite da don Lorenzo Dall’Olmo in occasione dei saluti a don Attilio, e visitare alcuni missionari.

 

Andrei a PACARAIMA

Ospite da don Mattia Bezze dal 6 al 9 dicembre

(suggerimenti per gli spostamenti?)

 

Andrei a CARACARAI

Ospite da don Mattia Bozzolan dal 10 al 12 (sera)

(tra Boa Vista e Caracarai in bus?)

 

Arriverò a MANAUS sabato 13 mattino (in bus). dal 13 al 15

ospite da don Paolo Cugini

il 12 mattino (arrivo in bus da Caracarai?)

Riparto da Manaus il 16 alle 03.35 con volo LA 3747 per Brasilia.

 

Arriverò a SALVADOR de BAHIA il 16 dicembre alle 10.25 con volo LA 3776

Mi accoglierà Luigi Gibellini con cui andremo direttamente a RUI BARBOSA (16-18 dic)

 

il 18 dicembre nel pomeriggio torneremo insieme a Salvador de Bahia

ospite presso Emma Maribel Chiolini nel progetto “Levantate e Anda

Poi resterei a Salvador fino al 21 dicembre

(da definire ancora chi riuscirò ad incontrare e dove sarò ospite)

 

Partirò il 21 dicembre ore 11.55 per l’Italia con volo LA 4569

(Scalo a  San Paolo da cui riparto alle 18.00 con volo LA 8072 per Milano)

 

 

GRAZIE per la vostra disponibilità e per la vostra missione!

 

giovedì 30 ottobre 2025

RIFLESSIONI SUI FATTI DI RIO DE JANEIRO - OTTOBRE 2025

 



.                              Ruy Barbosa, 30 de Ottobre 25

 

            Ciao a tutti,

è da molto tempo che non scrivo e mando notizie, ma è perché sono stato in Italia che non è molto, ma oggi voglio mettere mano alla tastiera del computer e provare a descrivere quello che è successo  ieri in Rio de Janeiro in due favelas molto conosciute, quella di Alemão e quella di Penha. E’ stata definita come una “Mega Operazione, 121 morti nelle favelas di Alemão e della Penha contro il Comando Rosso”. Chi è il Comando Rosso?   E’ una delle due maggiori organizzazioni criminose nate in Brasile negli anni settanta. Ma voglio raccontarvi quello che un fotografo, che ha vissuto e vive in favela, ha visto e documentato.

            Il suo nome è Bruno Itan, nato a Recife, Pernambuco, da bambino si è trasferito con la famiglia a Complexo do Alemão, una favela di Rio de Janeiro. Ha iniziato a fotografare nel 2008 partecipando a un corso  offerto dal Governo Federale nella comunità. È il fondatore del progetto Olhar Complexo, (guardare complesso) che offre corsi di fotografia gratuiti a bambini e ragazzi delle favelas di Rio de Janeiro e di tutto il Brasile. Nel suo primo libro, "Olhar Complexo", Bruno si concentra sul ritratto della realtà e della vita quotidiana delle favelas brasiliane, evidenziando attraverso le sue immagini la felicità, il potenziale e la semplicità di questi territori e dei loro abitanti.                                      

Dopo la dichiarazione del governatore di Rio de Janeiro, Cláudio Castro (PL) che ha definito l'operazione un "successo" e un "duro colpo alla criminalità", sono intervenuti i movimenti per i diritti umani che hanno affermano che si è trattato di un massacro e ne mettono in dubbio l'efficacia come politica di sicurezza, un punto su cui il fotografo concorda.   

 

"Qui in Brasile non esiste la pena di morte. Qualsiasi tipo di criminale, indipendentemente da ciò che ha fatto, deve essere arrestato, portato davanti alla giustizia e la sua condanna deve essere determinata. Ma ieri qui, nel Complexo do Alemão e nel Complexo da Penha, è stata eseguita la pena di morte", racconta Bruno Itan. "La polizia stessa ha stabilito questa pena di morte. Hanno deciso chi sarebbe morto e chi sarebbe sopravvissuto. Non appena venne a conoscenza del numero di 2.500 agenti di polizia coinvolti nell'opera-zione, Itan decise di lasciare la sua casa nella favela di Rocinha, nella Zona Sud di Rio, dove vive oggi, e di recarsi sul posto. Al suo arrivo, verso le 10 del mattino, trovò auto bruciate, segni di proiettili e residenti in preda al panico.  "Ho visto la sparatoria, ho visto le auto bruciate, ho iniziato a registrare. Anche i residenti hanno segnalato molta brutalità da parte della polizia.  "All'ospedale Getúlio Vargas, riferisce che i cadaveri arrivavano senza sosta. Fino a quel momento, il bilancio ufficiale delle vittime era di 64. "Sono arrivati ​​molti cadaveri, compresi quelli di agenti di polizia", ​​racconta il fotografo.                 

 


Secondo Itan, alla stampa è stato impedito di avanzare verso Penha. "La polizia ha sparato in aria e non ci ha lasciato passare. Hanno fatto una fila e hanno detto: 'La stampa non passa da qui'". Essendo cresciuto nella favela, ha potuto accedere al luogo. "Sono arrivato nella comunità, dove sono rimasto fino all'alba a registrare". Fu durante la notte che i residenti iniziarono a cercare i dispersi, un numero che non corrispondeva al numero di morti registrati fino a quel momento.  Al mattino presto, le famiglie stesse iniziarono le ricerche nella Serra da Misericórdia, che divide le favelas di Penha e Alemão.                          

 

"I residenti hanno portato almeno 55 corpi in Praça São Lucas, sulla Estrada José Rucas, una delle strade principali della regione." "Le famiglie sono andate da sole a recuperare i corpi. Sono riuscite ad arrivare lì con motociclette, auto, hanno preso dei teli per coprire i corpi e portarli qui, nella piazza del Complesso Penha", racconta Itan.  "Inizialmente sono arrivati ​​circa 20 corpi. E poi, cavolo, non si è più fermato. Erano 25, 30, 35, 40, 45... Sono vite, indipendentemente da ciò che hanno fatto."   

 

La Polizia Civile di Rio de Janeiro aprirà un'indagine per verificare la rimozione dei corpi dei morti dal bosco da parte dei residenti, per determinare se ci sia stata una presunta "frode procedurale", secondo il delegato Felipe Curi, Segretario della Polizia Civile di Rio de Janeiro. Curi ha affermato che i corpi esposti in luoghi pubblici sono stati manipolati. "Abbiamo immagini di tutti loro [i cadaveri] vestiti con tute mimetiche, con giubbotti antiproiettile, mentre portavano con sé queste armi da guerra. Poi alcuni di loro sono apparsi con indosso solo biancheria intima o pantaloncini, a piedi nudi, senza niente addosso. In altre parole, è un miracolo che si è verificato", ha detto. "Sembra che siano entrati in un portale e si siano cambiati d'abito. Abbiamo immagini di persone che hanno rimosso i corpi dai boschi e li hanno messi in strada, spogliando i criminali", ha detto il capo della polizia.                                                                                                 

 


Il fotografo richiama anche l'attenzione sul numero di corpi accoltellati a morte, uccisi a colpi di macete.  "Non è normale. È probabilmente la più grande operazione nella storia di questo paese", dice Itan, ricordando il massacro di Carandiru, quando 111 detenuti furono uccisi per sedare una ribellione nel centro di detenzione di San Paolo nel 1992.                                                                                  

"[I corpi] erano senza testa, corpi completamente sfigurati [...] senza volto, senza metà volto, senza braccia, corpi senza gambe", dice. "E ciò che ha attirato la mia attenzione è il numero di corpi con ferite da arma da taglio; ci sono molte foto in cui si vede che si trattava di un'arma, l'effetto di un'arma da taglio, capisci?" Nella sua memoria, dice, "l'odore di morte" è rimasto radicato. "Dove sono ora, non ci sono più corpi, ma l'odore rimane persino nella psiche", dice.  "Sono stato profondamente colpito dalla brutalità. Il dolore delle famiglie, le madri che svenivano, le mogli incinte che piangevano, i padri indignati... Avrei potuto essere uno di loro. Se non avessi saputo di fotografia, all'improvviso potrei essere uno di loro." Per lui, la politica di sicurezza nelle favelas continua a basarsi sulla violenza. "Purtroppo, avviene sempre attraverso il mirino di un fucile. Non avviene mai attraverso l'azione sociale, l'istruzione, l'alloggio, la salute o la cultura, che è ciò di cui la favela ha bisogno per salvare queste persone."

 

Bruno Itan, che ha documentato altre operazioni, come quella di Jacarezinho, che ha causato 28 morti nel maggio 2021 ed è stata considerata la più mortale nella storia della città fino ad allora, afferma che nulla è paragonabile a ciò a cui ha assistito il 28 ottobre.

"Pensavo di aver fatto lì la peggiore operazione della mia vita. Nulla è paragonabile a ciò che ho visto qui oggi", afferma. Mercoledì scorso (29 ottobre), la Procura Federale (MPF) ha chiesto all'Istituto Forense di Rio de Janeiro (IML) di accedere entro 48 ore a tutti i dati dell'esame forense dei corpi delle vittime della mega operazione di polizia condotta a Rio de Janeiro. Il documento chiede inoltre al governo dello Stato di Rio de Janeiro di dimostrare di aver seguito le decisioni della Corte Suprema Federale (STF) nel caso ADPF 635, un'azione che ha messo in dubbio la letalità della polizia di Rio de Janeiro.

 L'ADPF (Argomentazione di Inosservanza del Precetto Fondamentale) ha costretto il governo di Rio a presentare un piano con regole e parametri per l'azione di polizia, che è stato accettato dalla Corte Suprema ad aprile La Procura Federale e l'Ufficio del Difensore Civico dell'Unione hanno chiesto al governo di Cláudio Castro di chiarire e dimostrare di aver seguito i punti previsti dal piano, come l'uso di vídeo camere corporali da parte degli agenti di polizia; la presentazione di una giustificazione formale per l'operazione; e la presenza di ambulanze nelle zone colpite.      

 


Bruno Itan vede tutto con stanchezza e frustrazione. "Se la società pensava di aver vinto, di aver trionfato, credo che tutti abbiano perso", afferma.   "Vi garantisco che quando qualcuno muore nel narcotraffico, ce ne sono altri due o tre che entrano al loro posto."

 

E la chiesa del Brasile che cosa dice? Il cardinale di Rio de Janeiro, Orani João Tempesta,  invita ad essere costruttori di pace, di superare l’odio, la vendetta e l’indifferenza che corrodono il tessuto sociale; è urgente che uniamo le nostre forze per la riconciliazione, per il rispetto mutuo e, soprattutto, per la protezione della vita, per la promozione della giustizia e per la costruzione di una società pacifica, che promuova la dignità della persona umana, specialmente dei più poveri e per i più deboli.   Interessante, ma non si sbilancia affatto contro l’abuso di potere della polizia, dell’esercito, e del Governatore, che accusa lo Stato (Lula) di non avere dato i blindati per potere entrare con maggior facilità nelle favelas, logiche che non lasciano scampo ad un modo di affrontare le situazioni se non con la forza. Non voglio giudicare il Cardinale, ma infelicemente anche a livello di chiesa brasiliana, a volte rispondiamo alle situazioni con delle belle parole, ma spesso non siamo presenti nei luoghi dove la dignità umana è calpestata, dove le ingiustizie regnano sovrane e dove i poveri sono calpestati.

 

Ma, grazie a Dio, che papa Leone XIV, nella sua Esortazione Apostolica Delexit-te, ci dice questo:

“La condizione dei poveri rappresenta un grido che, nel corso della storia umana, interpella costantemente le nostre vite, le nostre società, i nostri sistemi politici ed economici e, soprattutto, la Chiesa. Nei volti feriti dei poveri troviamo impressa la sofferenza degli innocenti e, quindi, la sofferenza stessa di Cristo. Allo stesso tempo, dovremmo parlare, e forse più precisamente, degli innumerevoli volti dei poveri e della povertà, poiché si tratta di un fenomeno multiforme; infatti, esistono molteplici forme di povertà: quella di chi non ha i mezzi di sussistenza materiale, la povertà di chi è socialmente emarginato e non ha i mezzi per esprimere la propria dignità e le proprie capacità, la povertà morale e spirituale, la povertà culturale, quella di chi si trova in condizioni di debolezza o fragilità, sia personale che sociale, la povertà di chi non ha diritti, né spazio, né libertà.

 

            In questo senso, si può affermare che l'impegno per i poveri e per lo sradicamento delle cause sociali e strutturali della povertà, sebbene abbia acquisito importanza negli ultimi decenni, è ancora insufficiente; Poiché le società in cui viviamo spesso privilegiano linee politiche e standard di vita caratterizzati da numerose disuguaglianze, alle vecchie forme di povertà che abbiamo evidenziato e che cerchiamo di combattere se ne aggiungono altre nuove, a volte più subdole e pericolose. Da questo punto di vista, è lodevole che le Nazioni Unite abbiano inserito l'eliminazione della povertà tra gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.

 

            L'impegno concreto verso i poveri deve essere associato anche a un cambiamento di mentalità che ha implicazioni culturali. Infatti, l'illusione di felicità che deriva da una vita agiata porta molte persone ad avere una visione dell'esistenza incentrata sull'accumulo di ricchezza e sul successo sociale a tutti i costi, da raggiungere anche sfruttando gli altri e approfittando di ideali sociali ingiusti e di sistemi politico-economici che favoriscono i più forti. Così, in un mondo in cui i poveri sono sempre più numerosi, vediamo paradossalmente crescere alcune élite benestanti, che vivono in una bolla di condizioni eccessivamente agiate e lussuose, quasi in un mondo a parte rispetto alla gente comune. Ciò significa che persiste una cultura – a volte ben mascherata – che scarta gli altri senza nemmeno rendersene conto, tollerando con indifferenza milioni di persone che muoiono di fame o sopravvivono in condizioni indegne di esseri umani. Qualche anno fa, la foto di un bambino sdraiato a faccia in giù, senza vita, su una spiaggia del Mediterraneo suscitò grande sgomento; purtroppo, a parte un po' di momentanea commozione, eventi simili stanno diventando sempre più irrilevanti, come se fossero notizie di secondo piano. (DT. 9-10-11) Sarà che i “crocifissi” di Rio, non sono i volti di tanti uomini e donne, che sono frutto delle ingiustizie provocate da “Ideali sociali ingiusti e sistemi politio-economici che favoriscono i più forti, mascherandoli come “operazioni per la sicurezza”? Per la sicurezza di chi? Dei più forti…

 

Um abraço e bom final de semana, com as festas de Todos os Santos e a Comemoração dos Fieis Defuntos. Atè a próxima, pe. Luís, irmão da Caridade e vosso irmão.